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AGA

Un piccolo angolo di paradiso al di fuori dello spazio e del tempo

Chi crederebbe mai che all’interno di un piccolo albergo dal fascino decisamente retrò, persino un po’ démodé, si possa celare uno dei laboratori della nuova cucina più promettenti in cui ci si possa imbattere oggigiorno in Italia?
Oliver Piras e Alessandra Del Favero, talentuosi e ancora giovani compagni di vita, di passione e di professione, hanno ricavato AGA in questa struttura famigliare (Hotel Villa Trieste, dei genitori di lei) un gioiello di buon gusto e di grandissima cucina, diventando in breve tempo un punto di riferimento assoluto nel cortinese, a San Vito di Cadore. L’unico freno? I pochissimi coperti a disposizione (16). Che sono, tuttavia, un pregio. Solo così Oliver e Alessandra, senza necessità di brigate e squadre di sala a doppia cifra, possono imprimere quell’energia vibrante percepibile in ogni piatto, quell’entusiasmo e quell’emozione quasi fanciullesche, che riscontriamo anche quando i due, con gli occhi quasi brillanti, in un costante filo comunicativo con il cliente in sala che solo numeri tanto ridotti possono permettere, servono e presentano i piatti.

E che piatti! Una profondità di pensiero, una padronanza di tecniche assorbite dalle più svariate culture, una perizia nella costruzione verticale e orizzontale, nel dosaggio di acidità, balsamicità, di note agrumate o erbacee che trascendono quanto sarebbe lecito aspettarsi, o foss’anche solo sperare, persino da parte di cuochi con assai più esperienza. E siamo solamente poco oltre gli inizi di un percorso che, con questi presupposti, si preannuncia esaltante.

L’incontro felice tra suggestioni remote e ingredienti del territorio

Sin dagli “snacks” di apertura, in parte già noti da precedenti visite, è ben chiaro che qui non si scherza: il chips di carota, tartare di carota e carpione di carota si rivela già che non serve per forza complessità per creare complessità.
Il Calamaro di montagna rivela una perizia sullo studio di consistenze, sviluppo armonico e melodico da lasciare quasi storditi, per il suo essere così perfettamente ciò che in realtà non è: non è un calamaro, eppure paradossalmente è nel contempo il miglior calamaro assaggiato da mesi a questa parte. Il Dumpling racchiude al suo interno una concentrazione e una completezza gustativa spesso ricercata invano in un intero piatto. Il Chawanmushi è un perfetto esempio di come si possa coniugare con intelligenza uno spunto geograficamente remotissimo a una realtà locale che vuole affermare a gran voce di esistere e voler essere conosciuta e valorizzata.

L’avvio del percorso vero e proprio – perché fin qui di assaggi si trattava – non fa che confermare che siamo di fronte a una cucina che non si vergogna di parlare con voce propria, chiara, cristallina, sempre ben delineata. Il Ceviche di montagna costituisce un altro punto di contatto tra remoto e locale, i ravioli ripieni di civet di lepre portano alla mente sapori antichi conosciuti a chiunque abbia legami con la montagna, ingentiliti e nel contempo sublimati e prolungati dai componenti vegetali aggiunti al brodo. La Linguina ai mirtilli, luppolo e salsiccia di manzo cruda, ormai un signature dish cui non si può prescindere, coniuga abilmente spunti acidi e succulenza. Esito analogo per il Capocollo di maiale nero di abbagliante qualità, perfetto goloso pendant agli spunti acidi del succo di melograno alla base del piatto. Solo nella parte dolce è venuta a nostro a parere a mancare, più forse per merito di ciò che è arrivato prima che per demeriti intrinseci, quella energica creatività che fin qui ci aveva accompagnato, ma come detto in apertura, tempo ed esperienza aiuteranno a sanare questa lacuna, a volerla chiamare così.
Impossibile non terminare senza un plauso alle scelte di abbinamento al calice, spesso indirizzate verso piccoli produttori e prodotti naturali o biologici, inconsueti ma perfettamente consoni con l’intraprendenza di una cucina che, lo ribadiamo nel caso ce ne fosse bisogno, vale i km e l’impegno alla guida richiesto per essere raggiunta e conosciuta, magari approfittando della presenza dell’albergo, che si sta avvicinando alla cessazione dell’attività nella forma oggi conosciuta, ma per il quale Oliver e Alessandra hanno in serbo novità che siamo sicuri si riveleranno di indubbio interesse.

La galleria fotografica:

Abbiamo fatto una seconda cena all’Aga, a due giorni di distanza dalla prima.
Due cene nello stesso posto, in un intervallo ristretto di tempo, sono un regalo che qualunque appassionato dovrebbe farsi ogni tanto (ovviamente in un posto che meriti tale impegno).
Permette di cogliere numerosi dettagli magari passati inosservati al primo sguardo.
Un po’ come rivedere un film che ci è tanto piaciuto per la seconda volta: sembra quasi un film diverso, più pieno, più completo.
Così è stato qui.

Una grande conferma di maturità: tutti piatti diversi, non un tentennamento, non una incertezza.
Anzi, forse dopo aver preso le misure al cliente, ci è sembrata una cucina ancora più precisa, più sicura nei suoi tratti spigolosi e pungenti.
Quella di Piras e Del Favero è una cucina intelligente: acido e amaro vengono gestiti con grande padronanza, senza paura di scuotere il cliente, perché in ogni piatto non manca mai la nota confortevole, rassicurante. Nel nostro caso sono state le consistenze a rassicurare: emblematico il manzo mantecato, dove un piatto a tratti estremo, di grande complessità, viene reso accessibile dalla consistenza morbida, quasi burrosa, della splendida carne.
Ma quello che più stupisce è l’aromaticità di ogni portata: pur essendo ancora molto percepibili gli influssi tra Nord Europa e Giappone, (da cui ci si dovrà affrancare maggiormente) l’utilizzo delle erbe e in generale degli aromi di tutti gli ingredienti rende questa tavola qualcosa di unico, nuovo e inaspettato.
Una cucina sartoriale: i coperti sono al massimo 16, ma più spesso la sala si assesta sulla decina di clienti. Questo permette ai due cuochi di gestire i tavoli in un rapporto molto diretto, uscendo dalla cucina per presentare i piatti e discutere degli stessi (più spesso Piras in verità, evidentemente il più estroverso della coppia).
A chiusura, un aspetto non meno importante: la leggerezza. Bandito ogni grasso superfluo, i sapori sono veicolati ugualmente da brodi, infusi ed erbe aromatiche. Si potrebbero mangiare i piatti di un intero menù senza risentirne minimamente: non sentivamo una tale sensazione di leggerezza a fine pasto dai tempi delle nostre scorribande in terra giapponese.
E’ ristorante da menù degustazione, senza nessun dubbio.
La brigata di sole tre persone non è in grado di reggere una gestione della carta che non vada oltre la riproposizione dei piatti pensati e realizzati nell’ottica di un percorso, piatti che quindi, isolati dal loro contesto, non possono funzionare, sia per quantità che gestione delle aromaticità.
E’ il loro salotto, la loro casa, e a casa di altri ci si affida totalmente.
Lasciate carta bianca quindi, e godetevi lo spettacolo.

Tagliatella di patata e salsa alla rosa canina.
Tagliatella di patata, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Caesar Salad.
Pelle di pollo croccante, uva spina fermentata, insalata di erbe e neve di pollo.
Caesar Salad, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Rapanello serpente e crème fraîche.
Ingrediente. Nudo e crudo.
ravanello, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Fiore di nasturzio, grasso d’oca e prugna fermentata.
Un capolavoro. Incredibile la lunghezza del grasso d’oca in bocca, infine ripulito da una acidità millimetrica.
fiore, Aga - Seconda parte, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
fiore, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Manzo mantecato, ribes, geranio e caviale.
Manzo mantecato, uva spina, caviale, olio al levistico e geranio al limone. Servita con una bruschetta all’aglio fermentato.
manzo, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
bruschetta aglio nero, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Cappelletti di cipolla brasata, gamberi di fiume, menta messicana, brodo di crauti.
Altro colpo da ko. Abbiamo avuto i brividi dall’emozione.
La mente è tornata alle prime cene a Torriana, da quel Parini che tanto ci avrebbe stupito nel corso degli anni: solo lui ci aveva saputo sorprendere in modo così inaspettato, con degli ingredienti semplicissimi.
La dolcezza del raviolo è domata da menta e crauti. Il gambero è contrasto di consistenza. Quello che rimane in bocca è assoluta pulizia.
raviolo, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Riso Carnaroli Riserva San Massimo, lamponi e salvia.
Una leggera nota di burro affumicato crea una sinfonia perfetta.
riso, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Salmerino alla mugnaia, acetosa, mirra e anice.
salmerino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di CadoreAnimella cotta in burro nocciola, oxalide rossa, rapa marinata nel karkadè.
In realtà non un burro nocciola, ma burro fatto sciogliere con un pezzetto di legno e poi filtrato per togliere la parte più grassa: rimane il gusto, ma non la stessa componente lipidica.
Il piatto è l’ennesimo capolavoro.
animella, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
Predessert (!)
Cuore di manzo, pepe di Sichuan, cavolo nero.
Il protagonista è proprio il pepe, balsamico e sfacciato, perfetto in preparazione al dessert.
predessert, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di CadoreSpuma di pere, gelato al pepe di sarawak, cialda di caramello ed estratto di radici di levistico.
Ottimo ma forse non allo stesso livello della parte salata.
Probabilmente la pasticceria è la parte del pasto su cui si può lavorare di più.
spuma di pere, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
I vini della serata.
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Ci sono dei momenti nella vita lavorativa di una persona in cui tutto va come deve andare.
E non stiamo parlando di successi, quelli sono quasi sempre una conseguenza di un giusto stato mentale e una buona dose di fortuna.
Stiamo parlando di sensazioni.
Di quel leggero “friccicorio” che ti prende fin dalla mattina, partendo dalle punte dei piedi e arrivando fin su ai capelli: quella voglia di fare, di realizzare qualcosa di importante, che non ti fa mai staccare completamente il pensiero dalla tua postazione di lavoro. E allora le idee escono da sole: le dita scorrono sulla tastiera in un balletto automatico, quel progetto prende forma esattamente come lo avevi pensato, o semplicemente, calandoci nella realtà che più amiamo, il piatto raggiunge quel compimento che stavi cercando con una facilità che non ti aspettavi.
Questi, sono momenti da non perdere. Entusiasmanti, tanto per chi sta da una parte della barricata (ristoratore) tanto per chi sta dall’altra (cliente).
Perché in questi momenti l’analisi organolettica del piatto non conta più niente; il pensiero, l’idea, la forma, sono bolle di sapone di cui godere per non più di un istante.
In questi momenti vince l’energia. La senti. La senti nell’aria, la senti nell’entusiasmo del sommelier che ti spiega un vino, la senti nei dettagli, la senti nel cuoco che sembra camminare a un metro da terra.
Energia.
Allora, quando hai la fortuna di trovarti da cliente nel posto giusto al momento giusto, non puoi far altro che lasciarti andare e goderti lo spettacolo.
I brividi, quelli del piacere più autentico, sono assicurati almeno un paio di volte nel corso dello spettacolo. Il resto saranno sorrisi ebeti di piacere, pace assoluta e svanimento di ogni preoccupazione, almeno per quelle magiche due ore a tavola.
E la gente continuerà a non capire come possiamo spendere follie e fare 500 km per cose come questa. E tu continuerai a fregartene e ricominciare ogni volta tutto da capo.

L’abbiamo presa un po’ larga, ma forse nemmeno troppo. Potremmo scrivere due parole in più su Michele Tarroni (il direttore di sala), Oliver Piras e Alessandra Del Favero (gli chef): tutti insieme non arrivano al secolo di vita, eppure quanta maturità e magica spensieratezza nei loro gesti.
Potremmo scrivere che sta crescendo tutto, piano piano come è giusto che sia: anche sala e cantina hanno preso il ritmo della cucina e, già oggi, l’abbinamento al calice curato da Tarroni è un perfetto ingranaggio “dell’esperienza Aga.” Ma scivolerebbe tutto in secondo piano rispetto a quella energia che respirerete a pieni polmoni.
Tutto finito qui? Certo che no.
Si può ancora lavorare sulla affermazione della personalità (che non manca), scrollandosi di dosso quanto visto e vissuto finora e formando davvero una nuova visione di cucina: obiettivi che farebbero tremare i polsi a chiunque, ma non a loro.
Si può lavorare sul completamento della già sopracitata “esperienza Aga”, magari curando anche una colazione mattutina di livello adeguato (oggi non è così, ma la presenza dell’hotel è una risorsa da non sprecare).
Si può fare tutto qui. Basta non perdere questo entusiasmo: il cliente lo avverte e se ne ciba.
L’entusiasmo non si costruisce in decine di stage, l’entusiasmo è virale.
Continuate così. Noi continueremo a tornare a trovarvi.

Si comincia così:
Vermouth, acqua, pelargonium.
vermouth, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Carota in carpione di carota.
Sotto la pelle seccata e soffiata, sopra tartare e carpione. Ottimo.
carota in carpione, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Finto calamaro: albume d’uovo marinato nel garum e poi grigliato.
finto calamaro, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Il pane (di un solo tipo, fantastico) e il burro montato del Brite.
pane, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Insalata di Persico, rabarbaro, menta e liquirizia.
Persico, quinoa nera, menta e rabarbaro. Sconvolgente.
insalata di persico, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Subioti (ditalini) con trota salmonata ghiacciata, ribes, origano cretico e succo di fagiolini.
Unico passaggio non del tutto convincente, non ci è piaciuto molto l’impatto ghiacciato dato dalla trota salmonata (che dovrebbe simulare visivamente il formaggio grattugiato).
La nota positiva è che, pur nello squilibrio, rimane comunque un piatto che fa riflettere: un ottimo segnale.
subioti, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Ravioli, rilette all’aceto e brodo di formaggio di malga.
Ravioli ripieni di rilette (di trippe) e aceto di riso, tagete huacatay, brodo di formaggio piave stravecchio.
ravioli, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Qui torniamo altissimi. I ravioli sono perfetti, con componente grassa e acida perfettamente dosata.
Capitolo a parte per il brodo, davvero un capolavoro di tecnica e pensiero: questo significa prendere uno spunto (dal Giappone) e contestualizzarlo in maniera originale e personale.
Spendiamo due parole allora sulla preparazione di questo brodo.
Si mette a freddo 1 litro di acqua e 300 grammi di Piave o formaggio molto stagionato analogo, si porta a 85 gradi.
Fuori dal fuoco si aggiungono 5 grammi di katsuobushi e 5 di pino mugo, si copre con pellicola e si fa raffreddare. Si filtra tutto e si mette in un contenitore a riposare per 12 ore. Passato questo tempo si congela, si sforma togliendo la parte grassa venuta in superficie.
Si scioglie e si scalda per il servizio, aggiungendo ogni giorno il 10% del brodo del giorno prima (più saporito perché scaldato per tutto il servizio precedente).
Che dire… chapeau.

Spaghetti mantecati con mirtilli, salsiccia cruda e abrotano.
Già un signature dish. A ragione. Pasta cotta in un succo di mirtilli rossi e neri, un concentrato di acidità che richiama molto l’astringenza del pomodoro. Morbidezza confortevole (la salsiccia) e il piatto si maschera, pronto a qualsiasi palato.
spaghetti, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Il piccione di Massimo Greppi, Sambuco e funghi.
Piccione, brodo di funghi (la base è il brodo di piccione con aggiunta di funghi e fiore regina dei prati), bacche di sambuco sottaceto, spinacio selvatico (buonenrico).
Spettacolare.
piccione, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

piccione, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Secondo servizio: Coscia in aceto di sambuco.
Coscia di piccione, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Predessert: Limone e alloro. Digestivo naturale.
predessert, Aga, chef Oliver Piras e Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Mousse di caramello, gelato alla lavanda, siero ridotto e mela.
mousse di caramello, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Piccola pasticceria.
Marshmallow all’albicocca.
piccola pasticceria, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Melone marinato nel lime e polipodium.
Anche nel finale, una ispirazione giapponese (la frutta a fine pasto) interpretata in modo originale.
melone marinato, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

I vini della serata.
vini, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

skerk, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

vino, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

sake, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

sake, Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

Aga, chef Oliver Piras, Alessandra Del Favero, San Vito di Cadore

“…Aga che scorre, un semplice particolare…”

Una frase in apertura di menù che esplicita serenamente la filosofia di uno dei cuochi più talentuosi del panorama nazionale.
In una scatoletta di legno, ai piedi di Cortina, è in atto una rivoluzione gastronomica che vede protagonisti un giovane chef e la sua compagna. Stiamo parlando di Oliver Piras e Alessandra Del Favero, artefici e propulsori di un moto gastronomico di orientamento didattico, che attinge dai sapori della memoria di ognuno, accostandoli poi al loro stesso stravolgimento, creando una sorta di effetto sorpresa vetrificato all’interno di una sfera emozionale dimenticata, o chissà, addirittura sconosciuta.

Tutto all’insegna della semplicità con una maniacale attenzione per i dettagli. Tanto entusiasmo al servizio di una tecnica sopraffina, coadiuvata dall’intelligenza e dal talento di chi sa spingere sull’acceleratore, andando oltre i limiti consentiti ma senza mai perdere il controllo del mezzo. Un percorso di crescita lento e costante, che si riferisce sempre meno alle esperienze passate dello chef, acquisendo invece un carattere personale e ben delineato. Studio, disciplina, passione e viaggi. Sembra semplice, proprio come l’acqua che scorre.

Acqua che scorre andando a pulire le imperfezioni (poche, in realtà) trovate nelle precedenti visite.
Acqua che scorre e accompagna, passo dopo passo, il divenire di una cucina che si può ricondurre solo a se stessa.
Acqua che scorre regalando quel senso di libertà che tendenzialmente solo le anime più pure potrebbero concedersi, e che invece grazie ad Oliver è fruibile a molti.

Un pranzo al ristorante Aga è un’esperienza forte, carica di energia. Un’emozione trascinante, sempre tesa al virtuosismo palatale ma non solo, in grado di accarezzare le sensazioni che ognuno sviluppa nella propria intimità. Oliver Piras si racconta, finalmente senza più freni, attraverso piatti che svelano una passionalità ed un amore per il lavoro del cuoco impareggiabili.
Volano ad alta quota i nostri due cucinieri, con lo spirito dei fanciulli sognatori, mettendo a nudo le loro debolezze e i loro timori.

Il nostro ultimo pranzo in quel di San Vito di Cadore ha regalato passaggi estremi, alternati a preparazioni defaticanti per il palato. Dai chiari riferimenti alla cucina del Sol Levante, meta dell’ultimo viaggio di Piras e Del Favero, alle rassicurazioni di timbro squisitamente italiano. Un valzer delicato e leggero in cui le bacchette di legno incontrano i rebbi d’acciaio delle forchette. Fusione perfetta di un rapporto di natura idiosincratica tra le tecniche utilizzate, applicate agli ingredienti delle singole preparazioni. La linguina ai mirtilli, luppolo e salsiccia cruda di manzo ne è l’esempio lampante. Una mantecatura della pasta dai caratteri mediterranei incontra ingredienti dai tratti “pulp”, che si sposano e si armonizzano tra loro regalando un gioco di acidità, note amare e ironiche dolcezze. Memorabile. Siamo stati prudenti nel voto, questa volta, ma al prossimo passaggio probabilmente non lo saremo più, se troveremo tutto quanto confermato.

Il pre dessert a base di cuore di manzo non smentisce quanto espresso nel corso della degustazione, risultando forse un po’ azzardato ma inspiegabilmente centrato nell’obiettivo di pulire la bocca in prospettiva del dessert.

Il servizio di sala, curato da Piero Marzulli e Dario Bazzarelli è il frutto di una studiata semplicità, che lascia intravvedere la voglia di perpetrare un rapporto più diretto tra “l’ente ristorante” e il cliente. Rimane una carta dei vini migliorabile, ma siamo certi che il work in progress intrapreso dalla squadra di Aga non abbia intenzione di arrestarsi.

Cocktail di benvenuto: Martini al sakè, ghiaccio al lime e puntarelle di riso fermentato. Gli appetizer di Piras valgono da soli il viaggio.
cocktail di benvenuto, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Carota in carpione di carota.
carota in carpione, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Caesar Salad: pelle di pollo croccante, uva spina fermentata, insalata di erbe e neve di pollo.
caesar salad, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Ramen all’italiana (ricordo di una cacio e pepe): brodo di formaggio Piave stravecchio, noodles di sedano rapa, zafferano e pepe. Geniale.
Ramen all'Italiana, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Perla di manzo, gelatina al tè affumicato e tagete fresco.
perla di manzo, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Pane, grissini, burro di malga montato e olio extravergine di Conegliano.
pane, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Comincia la degustazione.
Reset: sfoglia di mela verde e rapa di Chioggia, vinaigrette all’olio, limone e aceto di riso, caviale, coriandolo e cipolla agra. Il nome rappresenta il piatto nella miglior maniera possibile. Fresco, croccante, acido, con note dolci impreziosite dalla nobiltà iodata del caviale. Piatto che sa di entusiasmo e di freschezza.
degustazione, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Trota, brandade di patate, olio infuso di braci, rafano ed estratto di alloro. Piatto molto spinto. La verticalità dell’alloro è accompagnata dalla grassezza delle patate. Il rafano dono una nota piccante che esalta la trota.
trota, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Ravioli laccati all’amaro di Cadore, zucca, testina di maiale, prugna fermentata e foglia di shiso. A questo punto della degustazione il motore è decisamente su di giri. In bocca apre il dolce, segue l’amaro e chiude l’aspro. Il tutto supportato da una pasta fresca ineccepibile.
ravioli, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Linguina ai mirtilli, luppolo e salsiccia.
linguina ai mirtilli, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Salmerino, radicchio precoce, capperi di sambuco ed estratto di rosa. Si gioca su toni più delicati, femminili e floreali. Bel passaggio.
salmerino,Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Faraona alla brace, brodo allo stropacus (frutto della rosa canina in dialetto veneto), abrotano, levistico, foglia di rapa e stachys. Cottura della proteina perfetta. Bel gioco di consistenze con rimandi asiatici e ricordi della tradizione nostrana.
faraona alla brace, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Cuore di manzo, cavolo nero ed estratto di pepe di Sichuan, Pre dessert. Provare per credere…
cuore di manzo, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
Spuma di pere, gelato al pepe di sarawak, cialda di caramello ed estratto di radici di levistico. Ottimo dolce. Coerente con il resto della degustazione. Aromatico, speziato, dolce e fresco.
spuma di pere, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
piccola pasticceria, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
I vini presentati in abbinamento alla degustazione.
framciacorta, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
tenuta l'armonia, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
la tutela, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
langhe, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
vino, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore
passito liquoroso, Aga, Chef Oliver Piras, Alessandra del Favero, San Vito di Cadore

L’aria di montagna fa bene.
Tornante dopo tornante, la strada che conduce a Cortina si fa via via più gradevole, si allarga, lascia intravvedere le vette che rendono celebre questo paese divenuto un vero e proprio luogo di culto per appassionati montanari e non. Non ci si cura molto dei piccoli paesi che si superano, non si fa caso al paesaggio (peraltro splendido) che si evolve tutto intorno. Inconsciamente si vuole Cortina, con i suoi negozi d’alta moda, le Tofane, il Cristallo e il Faloria a farle da cornice. Ma è proprio qui che comincia la nostra storia, o meglio, la storia di Oliver Piras, chef sardo del ristorante Aga, classe ’86, che in quel di San Vito di Cadore “accontentandosi” ha trovato l’amore, il luogo ideale dove lavorare e, chissà, forse anche se stesso.
All’interno dell’hotel Villa Trieste, di proprietà dei genitori di Alessandra Del Favero, compagna di Piras nella vita e tra i fornelli, una piccola stanza è divenuta il teatro di una rappresentazione culinaria dinamica, vigorosa, estrema e nostalgica. Tanta timidezza celata dietro un sorriso curioso di esprimersi, di proporre le proprie idee in purezza, amareggiato di non poterlo ancora fare in pieno, fiero di essersi già messo in gioco.
La carta dei vini dal passaporto italiano sembra andare di pari passo con lo sviluppo e l’evoluzione professionale dello chef. Un locale, un’atmosfera, una cucina in work in progress, che però già lascia intravvedere i colpi e le idee del fuoriclasse.
Quattro tavoli per un totale di sedici coperti, nessuna tovaglia, tanto legno che genera un rapporto fisico tra il cliente e l’ambiente che lo circonda. Ci si trova a toccare il tavolo ruvido, le pareti, ad annusare il sentore resinoso che permea la sala. Dalle finestre le dolomiti allietano lo sguardo. É pura poesia.
Le esperienze dello chef in giro per il mondo vengono riproposte attraverso tecniche e sapori che richiamano paesaggi e sapori lontani dai nostri, ma che allo stesso tempo evocano un senso di calore e ricordo sbalorditivi. Nessuna sbavatura, nessun tentennamento, nessun indugio. Sembra di essere finalmente al cospetto di un cuoco in grado di creare una crasi perfetta tra arte classica e contemporanea, stupendo con tecniche innovative e rassicurando con i gusti con i quali la nonna ci ha cresciuti.
Il menù comincia soavemente, per poi via via irrigidirsi un po’, fino a diventare aspro, crudo, amaro. La colonna sonora in sottofondo accompagna l’evoluzione gustativa con un’ascesa ritmica in grado di creare un crescendo emozionale davvero toccante.
Il cuoco dimostra grande carattere e una finissima intelligenza decidendo di osare, ove non può con il gusto, con le consistenze dei suoi piatti. Tutto ruota intorno ad esse, che a prescindere dall’intensità e dall’estremismo presente nei vari passaggi del pranzo, riescono da sole ad entusiasmare. Emblematico il tagliolino di rapa rossa con escabeche, che pecca un po’ di audacia ma crea in bocca un gioco di consistenze tale da far passare in secondo piano le sue mancanze. La croccantezza del tagliolino viene spezzata subito dall’acidità della escabeche, per poi, una volta masticato, mescolare la sua morbidezza con il sentore terroso della rapa, e chiudere in dolcezza tornando così all’identità prima del tubero.
Un ‘esperienza polisensoriale che tocca udito, vista, tatto, olfatto e gusto. Gusto che qualche volta vira un pochino troppo verso il dolce, lasciando quel leggero senso di insoddisfazione che si ha quando si è consci di essere al cospetto di qualcosa leggermente imperfetto ma assolutamente perfettibile.
Oliver Piras ha già molto da insegnare. Lo scoglio di un pubblico di sciatori non propriamente aperto a nuove esperienze gustative non è cosa da poco, ma siamo certi che se persevererà nella sua idea il successo sarà assicurato. Il panorama gastronomico italiano avrà ben presto un’altra stella brillante della quale vantarsi. Per il momento può andar fiero di essere l’artefice della prima invidia da parte di Cortina nei confronti di San Vito di Cadore.

Mise en place.
mise en place, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Carota in carpione di carota. Ottimo primo assaggo in cui amaro, acido e dolce si rincorrono creando un risultato notevole.
Carota in Carpione, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Foglia di cavolo nero in tempura, mousse di trota grattugiata e sesamo nero. Tutto sui toni dell’amaro. Buono anche se leggermente troppo unto.
foglia di cavolo nero in tempera, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Cocktail di gamberi dentro il cavoletto di Bruxelles.
cocktail di gamberi dentro il cavoletto, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Ovetto con parfait di tuorlo, uova di trota e spuma di cavolfiore. Pennellata classica di grande stile.
ometto con parlati di tuorlo, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Arrivano il pane ed i grissini. Ottimi.
pane e grissini ottimi, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Burro di malga montato.
burro di malga, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Tagliolino di rapa rossa con escabeche. Comincia il menù degustazione e il suo gioco di consistenze.
tagliolino di rapa rossa, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
“Porro appena colto con la sua zolla”. Porro alla griglia, spugna di porro e crema di porro. La carnosità del porro alla griglia e la sua nota fumè equilibrano un piatto divertente che gioca sulle varie consistenze di un solo ingrediente. Buono.
porro appena colto con la sua zolla, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Salmerino in cheviche di cavolo viola, gambo di cavolo viola e pelle croccante di salmerino. Piatto leggermente sotto tono. Interessanti il ricordo di peperone dato dal gambo di cavolo e la pelle croccante, che trasmette una nota amara al tutto.
salmerino in ceviche, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
La pelle croccante del salmerino.
pelle croccante di salmerino, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Tartare di manzo, trota affumicata, capperi di sambuco e neve di fegatini. Grande passaggio. I capperi di sambuco stupiscono e lasciano interdetti di primo acchito. Il gusto del cappero con un leggero retrogusto balsamico che si sposa perfettamente con la carne di manzo e la trota. Piatto tanto complesso quanto convincente.
trota di manzo affumicata, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Linguine di kamut, ragù di lumache, semi di senape e tarassaco. Si potrebbe sintetizzare con “l’apparenza inganna”. Alla vista ci saremmo aspettati un piatto estremo, con pungenti note acide, amare, sgradevole al punto di diventare piacevole. Ed invece tutto il contrario. Nota dolce molto accentuata, mantecatura della pasta da nobel, armonia e delicatezza. In ogni caso bellissima esperienza.
linguine di kamut, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
“Gnocchetti alla parigina” di aglio fermentato, con trippe di baccalà al pino mugo e foglie di tubero di trifoglio. Gioco di morbidezze contrastato dall’amaro dei gnocchetti, dall’acido del limone fermentato e dalla croccantezza del trifoglio. Dove Piras spinge sul’acceleratore lascia il segno.
gnocchetti alla parigina, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Riso, crescione d’acqua, polvere di coregone e bucce di lime. Ottimo risotto tra lo spunto acido del crescione e la nota affumicata del coregone. La cremosità del risotto armonizza il tutto.
riso crescione d'acqua, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Storione in “saor”. Storione marinato al sale, polvere di acerola, salsa di “saor”, cipolle agre e brasate. Consistenza del pesce un po’ stopposa. Le cipolle agre e brasate alternano e vivacizzano la masticazione, boccone dopo boccone.
Storione in saor, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Animella panata alla scorzanera, cardo laccato alla bagnacauda alla liquirizia, estratto di rosmarino. Grandissima prova. Morbido, croccante, sabbioso, amaro, dolce e acido ad ogni boccone. Fantastico.
animella panata, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Quenelle di gelato di capra, zucchero moscobado e pellicola di frutti rossi. Ottimo predessert.
querelle di gelato, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Bavarese al fieno, spuma di latte e cialda al cioccolato bianco e orzo.
bavarese al fieno, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Lo zucchero filato.
zucchero filato, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore
Uno dei quattro tavoli del ristorante.
tavola, AGA, Chef Oliver Piras, San Vito di Cadore