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Colline Ciociare

La meraviglia, la sorpresa, lo stupore

La meraviglia, la sorpresa, lo stupore sono le parole che accompagnano ogni visita qui, pochi chilometri da Roma Sud, ma distante da tutto, in un luogo sospeso nel tempo e nello spazio: Colline Ciociare, dove vive tra casa e cucina Salvatore Tassa, 67 anni, nato, solo per caso, a Brandford in Gran Bretagna ma legato così profondamente alla Ciociaria da dover ridisegnare la sua T iniziale con lunghe radici e stamparla come un titolo nobiliare sui menù per ribadirlo ogni giorno a tutti. Pranzare qui è davvero una esperienza unica, intanto perché la sequenza dei piatti (che talvolta è ideata in corsa) è rilevante dal punto di vista strettamente gastronomico e intrigano anche il più vagabondo dei gourmet per una dirompente personalità, poi perché il valore aggiunto è lui, lo Chef, sempre presente, grembiule, bastone e mille racconti. Puoi partire dall’omelette e ti ritrovi a parlare di Enzo Ferrari, sconfini nella musica e poi la chiosa è il rispetto dell’ambiente.

La Weltanschauung del maestro Tassa

Per gli indecisi allora basteranno piccoli indizi, sparsi, come il Cardoncello in crioestrazione di sedanorapa con porridge di semi e limone, o l’improvvisa richiesta di una cliente “sogno ancora quelle Fettuccine al burro francese… me le può fare?” che tutta la sala poi condivide felice. Ecco perché anche quando arriverà un apparente classico Manzo con patate affumicate si scoprirà che la frollatura l’ha ottenuta personalmente lui, sotterrandolo nell’umida terra dei boschi circostanti. Ed ecco perché se la sala non è illuminata in maniera precisa, se la carta dei vini non concede scelte infinite, se il servizio e la mise en place non sembrano adeguati al contesto… nulla importa, tutto è in linea con la Weltanschauung  del maestro Tassa, quello con la T con le radici.

IL PIATTO MIGLIORE: Raviolo con ricotta al gincon spuma di salsa bernese alle erbe botaniche del gin.

La Galleria Fotografica:

La curiosità come fondamento di vita, la cucina come modo di essere: Salvatore Tassa e le sue sette vite

Innalzato sui colli ciociari ad Acuto, a un’ora a sud-est dal Colosseo e 700 metri dal livello del mare, il ristorante Colline Ciociare è un luogo che celebra l’esperienza gastronomica attraverso un’avventura intellettuale ed emotiva di rara intensità. Salvatore Tassa, chef e patron, è uomo navigato, che con suoi sessant’anni anagrafici continua a governare con furore ed impeto la sua cucina. Fine, ancestrale, cerebrale, dominata tanto dall’istinto quanto dalla ragione.

I temi, certo, sono quelli spesi in una vita: il territorio inteso come humus, la sua sostenibilità la complessità degli elementi dal quale estrarre, con cura e devozione, l’essenziale. Elementi compositi e mai contraddittori, che in ogni singolo piatto non seguono regole ma puntualmente le tracciano, in un continuo divenire, isolare ed aggregare. Ecco allora la sua proposta in continua evoluzione, con ritorni e riproposizioni, che si avvicina alla perfezione grazie all’infinita reiterazione dei gesti e alla mente mai ferma. Sono stati, sono e saranno concentrazioni di sapori, cercate con mezzi inesplorati, ora focalizzate nella crioestrazione, tecnica ancora poco frequentata e che lui, con le sue sessanta primavere in valigia, è andato a cercarsi in Francia da Yannick Alleno.

Un altro punto di partenza. L’ennesimo.

Un nuovo viaggio quindi, parola forse abusata per la definizione di un menu, ma precisa per questo suo ‘Infinito’, evocativo sin dal titolo, sintesi ultima della filosofia della sua cucina tracciata lungo gli umori degli ultimi decenni: oggetti minimi in cui rintracciare memorie -come la cacio e pepe nella rotondità della piccola bomba o la tenacia del petalo di cipolla rossa laccato alle erbe- profumo su profumi, ma anche omaggi alla natura dei primordi, sia nell’uovo nel suo tornare selvatico, ricostruito con gelatine di alghe e rilanciato da tecniche antiche a cercare il futuro, come i fermenti delle radici e la marinatura del cetriolo. Crescendo amaro nel mandorlo in fiore, di intensità assoluta, con la liquirizia dentro e fuori i ravioli per il precipizio finale.

E tanto altro ancora, con un alternarsi di assoli e cori polifonici, a meglio tratteggiare tutta l’energia dello chef, i suoi filosofici equilibrismi, il suo raffinato palato. Si prenda la trota selvaggia del torrente che scorre un po’ di curve più su, a Vallepietra. Eccola, con mele a veli e in gelatina per accenno al vegetale, quei funghi pioppini per i sentori superficiali della terra e infine nello sprofondo della zolla con il cucchiaio nel sedano rapa estratto a freddo, implacabile. Semplici accordi di elementi naturali.

Infine c’è la grande partitura del panino, di complessità estrema, e appositamente descritto in carta con questo semplice lemma. L’intensità dell’ultima crioestrazione -questa volta di un consommé di verdure- per bagnare un ottimo bao di scuola orientale sacrificato allo stufato di manzo che lo riempie, alle animelle che lo sferzano, ai funghi al timo che lo profumano e ai fagioli che lo contornano.

La galleria fotografica:

Al mondo ci sono varie categorie di cuochi.
Quelli da seconda fila, che si arrangiano come possono.
Quelli da prima pagina, che riescono a raggiungere la vetta.
E poi ci sono i geni. Quelli che, a prescindere da stelle, forchette e cappelli, riescono a segnare in maniera indelebile i palati degli avventori con una cucina talmente introspettiva e personale da risultare unica.
Ecco, Salvatore Tassa è uno di questi. Uno di quelli che, come tutti i geni, vanno ben compresi per essere apprezzati fino in fondo.

Sedersi alla tavola del cuciniere è una di quelle esperienze che, a lungo andare, aprono la mente di un appassionato gourmet e che, non fosse altro che per questo, meritano il viaggio.
Come ben sa chi già è passato da queste parti, la sua, più che una cucina “di territorio”, è una cucina “di terra”: radici, cortecce, erbe aromatiche, bacche, foglie, resine, muschi, licheni e quanto d’altro hanno da offrire i boschi della Ciociaria sono gli elementi che danno vita ai piatti, anche a quelli apparentemente più tradizionali. Piatti quasi mai ruffiani, raramente addomesticati, difficilmente ignorabili, nel bene o nel male.

La nostra ultima visita, circa un anno fa, coincise con una serata particolare, dedicata alla caccia, in cui a dire il vero non tutto funzionò a dovere.
La voglia di verificare se si fosse trattato di un semplice passaggio a vuoto (di quelli che capitano anche ai migliori) o, piuttosto, di un più preoccupante campanello d’allarme, era tale che, in questa occasione, abbiamo deciso di testare contemporaneamente entrambi i menù in carta, “I Classici” e “Odissea” per un totale di ben 14 passaggi al netto degli snack iniziali.
Una maratona gastronomica che ci ha lasciati con una rinnovata certezza ed un piccolo dubbio.

La certezza è che Tassa è sempre Tassa, non si è perso. La sua cucina continua a sedurre e conquistare con la valorizzazione delle eccellenti materie prime, l’uso attento e ragionato di ogni singolo ingrediente e la maestria delle cotture (sia delle paste che delle carni). Poche diavolerie moderne, grande tecnica ed esperienza ai fuochi coadiuvate da una passione che trascende l’età.
Eppure, sebbene l’esperienza sia stata senz’altro gratificante, qualcosa, anche in questa occasione, non ha convinto appieno. Sarà perché, quando si vanno a trovare certi personaggi, ci si aspetta sempre il massimo e si è più attenti ad ogni dettaglio, ma alcuni passaggi non hanno proprio lasciato traccia. Vedi il cannolo di polenta e ricotta, il tagliolino mantecato (pure tecnicamente ineccepibile) o l’intero comparto dessert, storico punto debole del nostro cuciniere ciociaro.
In più una carta dei vini veramente troppo esigua, oltre che mal assortita, lascia spazio al pensiero che probabilmente sia necessario rivedere e riorganizzare in toto questo comparto.

Ma sono quisquilie. Anche dopo una così lunga e varia degustazione non si fa in tempo ad alzarsi che già verrebbe voglia di risedersi. E non è un caso. La tavola di questo appassionato ed eclettico artigiano della cucina resta una tappa imprescindibile per chiunque si voglia anche solo atteggiare a fine intenditore di cibo e affini. Sempreverde.

Numerosi gli assaggi di benvenuto proposti dalla cucina.
Gnocchetti di broccoli.
gnocchetti, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Sandwich del bosco al cacao e curry rosso
sandwich, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cialda di miso, ricotta e agrumi
Cialda di miso, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Mini bomba cacio e pepe
mini bomba cacio e pepe, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cocktail a base di crema di zucca e salsa di porcini essiccati
cocktail bar, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Triglia al gin con gocce di liquirizia, funghi Melissa e coriandoli: materia prima assoluta protagonista, sapore delicato ed equilibrato con la liquirizia che sposa elegantemente la nota iodata del pesce.
Triglia, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cipolla fondente: acidità, tendenza dolce, sapidità e nota amarognola. Un piatto senza tempo che non ha bisogno di tante parole, va semplicemente assaggiato. E riassaggiato.
Cipolla fondente, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cannolo di polenta e ricotta, ketchup homemade, anelli di cipolla in tempura, riduzione di rapa rossa e olio al basilico. Ricotta ottima ma totalizzante. Non sono sufficienti il ketchup artigianale e la salsa di rapa rossa a portare in equilibrio un piatto che risulta ridondante e quasi “faticoso” da portare a termine.
Cannolo siciliano, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Humus: mollica di pane inzuppata in brodo di radici, funghi pioppini, ribes di bosco, cipolla di tropea scottata e foglia di broccolo croccante. Un passaggio che ben rappresenta l’attaccamento dello chef alla sua “terra”, nel vero senso della parola. Un piatto incredibilmente intenso nella sua semplicità in cui si alternano la nota acida con quella terrosa ed amaricante.
Humus, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Gambero rosso affumicato al pino, tartufo bianco, rapa bianca brasata con riduzione di dragoncello, concentrato di mosto d’uva. La nota fumé avvolge il tutto donando eleganza e piacevolezza, gradevole la nota distintiva legata al concentrato di mosto.
Gambero rosso affumicato, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Tagliolino mantecato all’olio d’oliva a crudo, pomodoro essiccato e parmigiano. Pregevole per fattura e cottura ma, nonostante questo, non conquista.
tagliolino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Ravioli di pomodoro bruciato, salsa di aglio e limone candito: un piatto equilibrato ed interessante anche se forse, in questa versione asciutta, non raggiunge le vette delle versioni in brodo assaggiate in passato.
Raviolo di pomodoro, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Fettuccine mantecate al pecorino con pomodorini alla brace e vaniglia del Madagascar: il piatto, sul cui equilibrio eravamo più scettici, si è rivelato un piccolo capolavoro di sapori. Giustamente dosato il pecorino, presente ma non prevaricante la nota bruciata dei pomodori, millimetricamente dosata e ben armonizzata la vaniglia.
fettuccine mantecate, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Manzo da oriente ad occidente: un eccellente manzo appena scottato speziato all’erbe orientali ed al ginepro e arancio. Poco da aggiungere, un gran bel passaggio.
manzo da oriente, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Agnello alle erbe cotto al fieno con riduzione di vino rosso, purea di patate affumicato alla pigna e quinoa: altro grande piatto per concezione ed equilibrio, valorizzato da una cottura pressoché perfetta.
agnello alle erbe, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Prima del dolce un pre-dessert rinfrescante per ristorare il palato…
Sorbetto al limone con scorza di limone candita alla melissa
predessert, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Pera profumata al fico, spuma di mandorla, quinoa aromatizzata alla crema di arancia e granita di pera. Dalla presentazione ci si aspetterebbero varie sfumature di sapori che poi nel piatto non si ritrovano. Delicato, anche troppo, quasi evanescente e poco accattivante.
pera, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Wafer con crema al caramello e gelato moka: un dessert non particolarmente originale, equilibrato nel rapporto dolce/amaro che, a differenza del precedente, è forse fin troppo “robusto” per un palato provato dalla lunga maratona gastronomica.
Wafer con crema al caramello, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
I vini proposti in abbinamento tra quelli, ahi noi davvero pochi, presenti in carta…
Cuvée Speciale – Montenisa Antinori
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Antinoo 2012 – Casale del Giglio
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Casale della Ioria – Tenuta della Ioria
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto

Parlare di colline ciociare è un po’ come parlare di Salvatore Tassa, autentico ambasciatore di questo lembo di paradiso lontano anni luce, molto più dei chilometri che effettivamente lo separano, dalla città eterna.
Il suo ristorante, arroccato su uno di questi colli ed affacciato sui dolci pendii, non poteva che chiamarsi così. Di giorno il panorama concilia vista e spirito, di sera il camino acceso nella saletta adiacente alla cucina riscalda il cuore oltre che le membra.
Siamo clienti di lungo corso del “cuciniere”, come lui ama definirsi a tal punto da affiggere tanto di targa all’ingresso, ed abbiamo potuto apprezzare la sua crescita costante negli anni, iniziata con la mitica, non abbiamo altri aggettivi per definirla, cipolla fondente (esempio mirabile di altissima cucina con materia prima povera), e continuata con preparazioni sempre più fini e concentrate nei sapori.
Una grande tavola, non nutriamo dubbi al riguardo. Matura e affidabile.
Per questo io e Norbert non abbiamo esitato un istante ad inerpicarci su questi declivi quando abbiamo letto sul sito internet, spesso aggiornato (vivaddio!), che il buon Salvatore stava proponendo un menù “tutta caccia”.
Croce e delizia delle cucine nostrane, non tutti la affrontano, molti la temono.
Sapori così decisi non sono semplici da maneggiare e domare, ma ancor più difficile è farli comprendere e apprezzare alla, spesso pigra, clientela.
Germano, faraona, lepre, grouse, ancora lepre, cervo.
Le papille sono sature, ma ne vogliono ancora.
Alla caccia non si comanda. E Tassa ne ha un evidente debole. I suoi occhi sono rivolti Oltralpe, la mente anche. Continui rimandi alla madre patria dell’alta cucina, anche nei nomi dei piatti (e il salammbò di lepre è chiaro omaggio a Flaubert).
Gusto ancestrale, che in alcune preparazioni si eleva nettissimo. Odore di terra, muschio, di autunno inoltrato.
Tutto perfetto? No, qualcosa non è andato per il verso giusto. Un paio di cotture hanno oltrepassato il limite, il riso (ma non è colpa di Tassa) si è sfaldato, il maritozzo meritava qualche attenzione in più ed il salammbò di lepre non ci ha convinto per il matrimonio, non felicissimo, con il sorbetto di ananas.
Poi, fortunatamente, c’è la grouse, con la torba che invade le narici e poi la bocca. Questa è cacciagione, quella vera. Dalla Scozia con furore. Difficile da dimenticare.
E lo straordinario raviolo ripieno di mela liquida, in un paradisiaco brodo di selvaggina. Siamo riconciliati con il mondo.
La serata era di quelle “particolari”. Sala piena e concomitante presentazione di un libro sui vini di Borgogna con menù a tema. Non ha molto senso assegnare un voto oggi, il valore di Tassa lo abbiamo ben scolpito in mente, nei numerosi passaggi fatti lo scorso anno. Piccoli incidenti di percorso non possono mettere in discussione il valore del cuoco e del ristorante, soprattutto quando c’è stata ampia prova della bontà di entrambi.
La sala, d’altro canto, è sempre più bella, con un pavimento in cotto da mandare in visibilio i cultori, e cenare seduti al tavolo nell’anticamera della cucina, lì dov’è il pass, ed assistere in prima linea allo show del Cuciniere, vale il prezzo (sempre basso rispetto alla qualità) del biglietto.

Targhe

Maritozzo

Sfoglia con ricotta e agrumi

Croccante di polenta con semi e frutta secca. Incredibilmente buono.

Cetriolo con aceto di xeres.

Royale di germani, curcuma, marmellata di corniolo e brodo di castagne.

Salammbò di lepre con riduzione di Porto, insalata, sale grosso, aceto di xeres e sorbetto all’ananas.

Cipolla fondente. Non c’è bisogno di commenti per un mostro sacro.


Risotto muschio e selvaggina. Purtroppo il riso (una partita cattiva?) si è letteralmente sfaldato. Piatto non giudicabile.

Raviolo ripieno di mela liquida, brodo di selvaggina. Finezza ed intensità. Classe cristallina.

Faraona al forno. Semplicità e bontà vanno di pari passo. Un grande classico.

Costoletta di cervo alla griglia con polenta. Purtroppo la cottura avanzata non ci ha fatto apprezzare appieno la preparazione.

Grouse con spinaci, burro salato, olio di nocciola, lenticchie, salsa al marsala. La Caccia con la C maiuscola.

Lepre alla royale con arancia candita. Primo servizio.

Pan brioche con marmellata di corniolo in accompagnamento.

Tassa al gueridon con grande perizia.

Lepre alla royale, sella in sfoglia. Secondo servizio.

Ostrica Gillardeau al gin tonic con misticanza. Intermezzo amaro e iodato, un po’ spiazzante.

Meringa, gelato alle clementine, menta. Dopo un affaticamento notevole, le nostre papille chiedevano sollievo e freschezza. Accontentate

Zolla dolce al cioccolato, nocciole, castagne, gocce di rape rosse, polvere e caffè. Non abbiamo fatto in tempo a riposarci che si sale ancora, vertiginosamente. Dolce pieno e deciso, molto complesso al palato.

Sala principale.

Sala d’ingresso, particolare.

 

Questa recensione aggiorna la precedente valutazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Amo guidare. Mi piace soprattutto quando sono solo, ovviamente non nel traffico cittadino, meglio ancora se in una giornata di vacanza. Pur con l’occhio ben piantato sull’asfalto la mente è libera di girare senza troppe costrizioni e può frullare libera su tematiche non esattamente fondamentali per la mia esistenza, in totale freestyle cazzeggiatorio. Così accade che durante la discesa nel nulla delle campagne che circondano Acuto il pensiero non riesca a distogliersi da una domanda ossessiva: cosa avrà spinto Salvatore Tassa ad aprire il proprio ristorante in questo luogo sperduto e brullo? (altro…)