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Acquolina

Il Mediterraneo crocevia della cucina di Daniele Lippi

Prendere come punto di riferimento il Mar Mediterraneo, i popoli e le culture che vi si affacciano, mettendo in primo piano, attraverso le contaminazioni, quello che li unisce, è un percorso rischioso, anche in ambito gastronomico, visti i tempi che corrono, che potrebbe sfociare nella retorica. Daniele Lippi, Chef del ristorante Acquolina del First Place Hotel a Roma, se lo è posto come obiettivo e i suoi menù che del viaggio lungo le nostre acque e terre sono riferimento esplicito fanno capire come il percorso abbia raggiunto una centrata maturità, nonostante gli appena trent’anni di Lippi. Il menù “Periplo” è fondamentalmente dedicato al mare, mentre “Anabasi/Catabasi” è un movimento non solo fisico, ma anche di ricerca e pensiero all’interno delle culture, non solo di costa ma anche di terra del Mediterraneo. A partire già dal burro che introduce, insieme ad un buon pane di grano duro, la cena. Ispirato allo smen marocchino fermenta per 20 giorni in un’anfora di terracotta, che viene portata al tavolo, con aggiunta di un garum home made di sardine e alici. Un perfetto preludio al pasto.

Una cucina originale e dialettica

Un pasto che convince, sorprende, senza però utilizzare inutili orpelli, ma sempre mettendo in primo piano la materia prima. In Topinambur, per esempio, il primo impatto visivo e olfattivo è quello di un classico della romanità: il carciofo alla Giudia. E lo è infatti, con l’unica differenza che è quello di Gerusalemme, completato da una salsa ricavata dalle sue bucce e dal classico trito di mentuccia, aglio e prezzemolo: un magnifico gioco tra croccante e amaro. E alla stessa categoria va iscritto lo Spaghetto in estrazione di rosa canina, servito con basilico e Parmigiano Vacche Rosse 30 mesi, che verticalizza le acidità di un grande classico come lo spaghetto al pomodoro, nelle cui vesti si presenta. Ma non si possono non citare il dialettico matrimonio tra Triglia e cuori d’anatra, esaltato dal ginepro e il nuovo Spaghetto di mais torbato, dove alla mantecatura con burro al whisky (il Segretario di Stato della Distilleria Poli), si aggiungono ricci di mare e porro bruciato, con le note terrose ad esaltare iodio e dolcezza. Cosa che riesce meno alla combinazione tra Seppia, con il suo nero, e capriolo, che alla fine rischia di essere solo un gioco di consistenze.

Un piccolo appunto va mosso alla carta dei vini, fin troppo classica rispetto alla dinamicità della cucina, così come il servizio, fin troppo inappuntabile nella continua ricerca della briciola sul tavolo, che non disturberebbe affatto anzi sarebbe integrata alla cucina di Lippi, che in giorni di spesso trite e sterili polemiche su cosa sia e dove vada la cucina italiana, tra tradizioni tradite o mai esistite, è assolutamente da provare come dimostrazione di quanto sia ancora vitale.

IL PIATTO MIGLIORE: Topinambur.

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Anabasi e Catabasi

Uno dei salotti più interessanti di Roma, dall’estate del 2021, ha riaperto i battenti in maniera permanente e definitiva. Ed è una gran bella notizia perché al timone della cucina c’è Daniele Lippi, un giovane Chef dalle idee chiare e con personalità e tecnica per metterle in pratica. Fa parte della scuderia di Paolo Troiani, un nome che a Roma ha forgiato diversi giovani di valore, non ultimo il compianto Alessandro Narducci, il precedente Chef di Acquolina, prematuramente scomparso in un tragico incidente nel 2018, e l’ottimo Giulio Terrinoni. Daniele Lippi dopo l’apprendistato decennale al Convivio Troiani ha affinato le proprie qualità in diversi stage da maestri assoluti come Enrico Crippa e Yannick Alleno, che hanno arricchito con evidente profitto il bagaglio di esperienza nonché la crescita di un professionista che, al momento, si accredita come titolare di una delle tavole più interessanti di Roma.

Il suo menù principale “Anabasi Catabasi” rappresenta, già nella suggestiva e letteraria evocazione, efficace dichiarazione di intenti che rende pienamente l’idea del saliscendi di sensazioni che, in un continuo e costante intreccio di rimandi e sollecitazioni, vede congiungersi efficacemente peculiarità di mare e quelle di terra. Comunione che non si realizza attraverso semplice e consueto accostamento, surf and turf, di carne e pesce, ma instaurando un vero e proprio dialogo tra loro dall’esito assai produttivo. Il tutto con sensibilità e originalità non di poco conto e in un ambiente elegante e ovattato che, pur essendo nel pieno centro di Roma, permette di godere dell’esperienza con la dovuta tranquillità.

Fermentazioni, acidità e trompe-l’oeil

Se il buongiorno si vede dal mattino allora gli amuse bouche rappresentano già promettente biglietto da visita non solo per la loro fattura ma per come esprimono, compiutamente, la volontà di solleticare diversi registri gustativi. L’utilizzo calibrato di fermentazioni, gradienti di acidità e composizioni di sapori si accompagna a presentazioni formalmente interessanti che non disdegnano persino qualche piccolo trompe-l’oeil. È il caso della Ricotta, costituita di latte di mandorla, che funge da degno comprimario ai ricci o del Fungo cardoncello che sostituisce felicemente la lumaca di mare grazie alla sua texture e allo squisito fondo e caviale delle lumache stesse.

Più in generale ogni piatto persegue un disegno che non si risolve nella bidimensionale esaltazione di questo o quell’ingrediente quanto, piuttosto, in preparazioni che, attraverso più composite stratificazioni, rendono l’esperienza assai soddisfacente. Sintomatico il Crudo di ricciola che si arricchisce delle sfumature di una soia di lenticchie che nappa felicemente il piatto insieme alla dolcezza, invero assai modulata, del cachimela e del regale foie gras. Solo il dolce, un’ode quasi banale al cioccolato, stona per stile e diversa leggerezza con un percorso che ha lasciato la piena percezione di un talento da seguire con attenzione.

La Galleria Fotografica:

In una città caratterizzata da frenetiche aperture di nuove insegne, spostamenti, cambi di gestione i cui risultati lasciano spesso perplessi, probabilmente perchè frutto di approssimativi e velleitari esperimenti imprenditoriali, il nuovo ristorante di Giulio Terrinoni sembra proprio qualcosa di diverso dall’ennesimo grazioso contenitore privo di un significativo contenuto.
Già artefice del successo del Ristorante Acquolina, titolare di ambiti riconoscimenti pur relegato in un quartiere periferico e dal poco seducente accesso, lo chef a quarant’anni ha deciso di mettersi in gioco in modo completo con un locale tutto suo nel pieno centro di Roma.
La summa di tutte le esperienze acquisite nel tempo, distillatesi in idee chiare, ha prodotto una proposta semplice, snella e molto ragionevole che non prescinde da almeno due qualità chiave: estrema solidità sul piano prettamente gastronomico e grande elasticità, leggasi flessibilità, nella fruizione della stessa.
Il tutto non disgiunto da una location strategicamente scelta, al centro di un piccolo district enogastronomico di rilevante interesse e da una struttura del locale piuttosto bistrottiera, propedeutica a un approccio easy, capace di essere al tempo stesso ristorante elegante di sera e ritrovo dove consumare qualche piatto veloce di giorno, magari seduti al bancone che dà direttamente sulla cucina.
Nell’offerta diurna trova, inoltre, applicazione un’idea apparentemente scontata, ma che proprio tale non è, e cioè l’opportunità di gustare a prezzi e porzioni ridimensionati alcuni piatti della cucina di Terrinoni vezzosamente e, vivaddio, italicamente definiti tappi.
L’offerta serale è più classica con piatti alla carta e possibilità di menù degustazione, seguiti da un servizio solerte ed efficiente in cui spicca il bravo sommelier Giulio Bruni che offre la possibilità, a chiunque lo desideri, di accompagnare il pasto al bicchiere con suggerimenti appassionati e mai scontati.
La cucina, come detto, è solida, non avventurosa e dedicata per lo più all’esaltazione del mare, elemento da sempre nelle corde dello chef.
Ed ecco allora, tra le felici intuizioni, una delicata versione ittica dei tortellini panna e prosciutto, il maccarello bruciato e sapientemente marinato con nuance piacevolmente orientaleggianti, o il piccione variamente declinato a testimoniare che qui anche i pochi e selezionati piatti di carne hanno un loro perché.
Da segnalare, ai dolci, l’ottimo Orient-Express, la cui originale golosità è affidata a note amare, acide e grasse felicemente equilibrate.
Certo, non si può fare a meno di notare che la compiutezza dello stile è affidata a rassicuranti rotondità piuttosto che a più vivaci contrasti o alle famigerate ma sempre interessanti acidità, proprie però di un azzardo onestamente difficile da gestire in una startup; la sensazione è che lo chef possa andare oltre quanto finora messo a punto e che le potenzialità per diventare un duraturo fiore all’occhiello della ristorazione cittadina ci siano tutte.

Amuse bouche: arancino cozze e pecorino, cannolo di ricotta, alici e mandorle, ritz al parmigiano con crema di carote.
Amuse bouche, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Pani.
pani, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Assaggio di tortellini panna e prosciutto, revival degli anni ottanta. Ripieno di merluzzo, spuma di finocchio e prosciutto di cefalo.
Tortellini, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Sorbetto di cipolla rossa ostrica e pane al gorgonzola.
ostrica, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Gambero rosso imperiale con insalata russa destrutturata a base di maionese di mare, gel di aceto, maionese di rapa rossa, patate, carote, sedano.
Gambero rosso, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Maccarello bruciato, marinato in aceto e soia e appena fiammeggiato, cavolo rosso, burrata, salsa di prezzemolo.
Maccarello, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Calamaro, sarago, scorfano, gambero bianco, salsa all’arancia e maionese di mare.
Calamaro, sarago, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Palamita a scottadito, chiodini, mosto cotto, salsa di basilico.
Palamita, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Spiedino di polpo arrostito, salsa di fagioli cannellini, ricci di mare, sedano, aria di mare.
spiedino di polpo, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Raviolo di radici, rafano grattugiato, crudo di scampi (invero un po’ mortificato), mandorle, salsa all’aglio dolce, polvere di cipolla bruciata.
Ravioli di radici, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Cappellacci ripieni di faraona con burro al Cesanese, chiodini, caciocavallo podolico.
Cappellacci ripieni, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Il piccione: petto, coscia ripiena di foie, crostino con tartare di filetto, purè di patate, cicoria, salsa al marsala.
piccione, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Lombo di coniglio porchettato con fegatini ed erbe spontanee, carciofo alla romana, salsa ai frutti rossi.
Lombo di coniglio, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Sfera di lamponi e lime.
Sfera di lamponi, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Delizia al limone: gel, crema, mousse, biscotto alla vaniglia, gelato limone e basilico, terra di cioccolato bianco.
Delizia al limone, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Orient express: sablè agli anacardi, ganache al pan di spezie, confettura di kumquat, tuile di cioccolato, gelato al caffè, terra di cioccolato fondente.
Orient Express, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Petit four: tartufo al cioccolato fondente e tè Olong, bignè con crema al cioccolato, macaron con confettura di arancia.
Petit four, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
A tutto pasto.
vino, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Americano a Bracciano per chiudere degnamente.
americano, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Ecco anche qualche tappo servito a pranzo: Crostatina ripiena di baccalà mantecato e cipolla gratinata con cicoria bruciata e caramello di cipolle.
Crostatina, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Rana pescatrice, polenta burro e salvia, carciofo.
rana pescatrice, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Versione prandiale dei cappellacci ripieni di faraona, burro al cesanese e caciocavallo podolico.
cappellacci, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Ganache alla nocciola, cremoso al cioccolato, spugna al cioccolato bianco.
ganache alla nocciola, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Mise en place.
mise en place, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Dehors.
Dehors, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma

All’Acquolina e al suo chef Giulio Terrinoni bisogna riconoscere di avere una filosofia chiara e coerente: proporre una cucina di mare in cui la materia prima sia selezionata con grande cura e rispettata, senza vietarsi qualche originalità, mai casuale e improvvisata.
Ed è per questo che il ristorante ha saputo garantirsi nel tempo i riconoscimenti della critica e una clientela fedele, disposta a venirci anche se non offre scorci della capitale tra i più affascinanti (la collina Fleming è un quartiere residenziale confortevole ma un po’ anonimo che potrebbe essere in qualsiasi città italiana). (altro…)

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Recensione ristorante.

Collina Fleming.
Siamo strategicamente lontani dal centro, o dai centri, di Roma.
La zona è residenziale e tranquilla, ma il suo maggior fascino risiede secondo me nell’essere più vicina alle vie di fuga dalla città eterna che non ai luoghi più tradizionalmente deputati alla movida mangereccia, cittadina.
Qui o ci si abita o si deve venire apposta.
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