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28 Posti

Il bacino del Mediterraneo

Milano e i suoi Navigli poco fuori dal centro città rappresentano un luogo culturalmente e socialmente vivo e dinamico; è qui che da qualche anno Marco Ambrosino, originario di Procida, ha deciso di insediarsi e portare la sua visione di cucina. 28 Posti, con i suoi piccoli spazi, è un luogo dalle mille influenze, sia nel design degli interni che nei gusti e profumi delle pietanze, i quali provengono dai paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Una location con un ambiente semplice, rilassato e dinamico con la possibilità di godere del pasto anche nel dehors quando il tempo e le temperature lo permettono.

Una filosofia di cucina e uno studio, quelli di Ambrosino, che hanno portato lo Chef a fondare il “Collettivo Mediterraneo”, dove porta avanti i suoi studi e le sue ricerche sulle culture e le tradizioni annesse delle popolazioni che vivono questa parte di orbe terracqueo.

Un viaggio culturale prima ancora che gustativo

Il menu degustazione di 28 Posti è la rappresentazione di un grande studio sulle tecniche, sui prodotti e sulle ricette, che vengono poi trascese e applicate al gusto e ai prodotti al quale lo Chef è affezionato. Un percorso dinamico nel quale si gioca disinvoltamente con sapidità, acidità e leggeri amari, e la cui ricerca finale è la profondità gustativa. Su tutti i piatti del percorso, spiccano, ancora, l’Ostrica alla brace glassata al lievito, aronia, lentisco, succo di insalata del pastore dove il gioco tra la sapidità e grassezza dell’ostrica, la nota lattica del lievito e l’acidità dell’aronia portano lunghezza, dinamicità e profondità, così come la “Pasta e Fagioli” e vino fortificato di pasta servito come dessert; un grande lavoro sul carboidrato, a cui Ambrosino ci ha da sempre abituati, qui in combinazione col legume dove entrambi gli elementi vengono lavorati in modo da aumentarne la profondità gustativa ed estrarne tutte le sfumature possibili. Un piatto che si sviluppa in modo orizzontale e verticale ampliando le nuance e lo spettro dei due ingredienti.

Il risultato è una tavola dinamica, vivace e spaziale che porta a fare un viaggio culturale e di conoscenza dei profumi e sapori del “Collettivo Mediterraneo” scoprendo sfumature e sapori persi o dimenticati; dove forse l’unico appunto è in alcuni casi una sapidità leggermente eccessiva e, nelle Trottole, una salsa che va a coprire e arrotondare, non permettendo al piatto di esprimersi al meglio.

In complesso, si ritrova qui una cucina di alto spessore gustativo e culturale, unica nel panorama meneghino e italiano dove ricerca, studio e personalità vanno di pari passo, cui solo lo spazio di lavoro così ristretto, per lo Chef e la sua brigata, costituisce, in ultima analisi, il limite. Non solo spazio fisico ma anche prospettico di sviluppo.

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Marco Ambrosino, l’alchimista mediterraneo

Marco Ambrosino è una mente in continuo fermento creativo. Uno chef di grande spessore culturale, sociale e professionale che, anno dopo anno, stagione dopo stagione, da 28 Posti continua il suo processo di ricerca storico-culturale nel recupero di cibi e tradizioni del bacino mediterraneo, indagando tecniche sperimentali di fermentazione.

Così ha dato anche vita al Collettivo Mediterraneo dove, insieme a colleghi di varie discipline, si propone di “raccontare la multiculturalità proprio del bacino che ci ospita, la biodiversità, la salvaguardia dei mari e del suolo, la promozione della pesca etica, dei produttori, degli allevamenti e dell’agricoltura sostenibile, la divulgazione delle culture del Mediterraneo.

Cibarsi di cultura

Da 28 Posti va in scena una cucina di inclusione sociale e culturale: un melting-pot di gusto, una tavola che piace e che arricchisce il palato di sapori davvero nuovi e unici, molto centrati sull’umami che si sprigiona grazie all’intelligente utilizzo di salse derivate da koji, miso e garum. Perché Marco Ambrosino lavora da anni su materie a lui molto affini, a partire dai vegetali, o come il pesce povero, l’ostrica e l’agnello, prediligendo cotture alla brace, studiando e ricercando continuamente nuove tecniche di conservazione e fermentazione, ponendo grande attenzione a ridurre al minimo, se non azzerare, gli scarti.

Sedersi al tavolo di 28 Posti significa dunque farsi guidare in un percorso più o meno lungo, in questo periodo particolare o da 6 o da 8 portate, ed entrare nel mondo del giovane chef procidano dove alcune delle portate sono poi in realtà rappresentate da più elementi, in una logica di presentazione e condivisione da meze medio-orientale.

La sua cucina, negli anni, si è sempre più affinata e centrata sul gusto con connotazioni decisamente peculiari: uno dei suoi signature-dish sono, non a caso, gli spaghettini in acqua di pasta fermentata e miso di ceci neri, una pasta condita di pasta emblematica del concetto di gustosa unicità. In questo percorso siamo rimasti particolarmente colpiti da due piatti: gli gnocchetti di pane “maturato” per due anni, serviti in una zuppa di orzo fermentato e tabacco, decisamente interessanti proprio perché diversi, e l’ostrica alla brace, foriera di un sapore, ancora una volta, unico, grazie a una invenzione vera e propria dello chef: un ippocrasso di vino di pasta.

La volontà della circolarità totale

Una filosofia, quella della circolarità totale, che prevede di annullare gli scarti: come accade nel rombo. Con la pelle e la corona si ricava una sorta di “testina”, la coda viene fatta macerare nello shio koji di Tumminia e servita come tartare, il collo viene usato per farne una crocchetta, con il fegato usato come salsina.

Sui dessert, che non sono mai stati la parte forte dell’esperienza di Marco Ambrosino ai 28 Posti, si nota però un continuo miglioramento. In particolare, spicca un gelato con cacao di tumminia auto-prodotto, sciroppo di pane e salsa acida a base di orzo, inoculati di spore di aspergillus di diverso tipo, spuma di pane raffermo tostato. Un dolce decisamente originale e insolito nel gusto, di pane all’ennesima potenza.

Ci si diverte in tutto il percorso, con talvolta qualche eccesso come nella tartare di rombo che, per la macerazione e per il beurre blanc, presenta note eccessive di grassezza, così come per l’altra portata con il rombo dove il filetto, peraltro cotto perfettamente, risulta essere un po’ troppo coperto dalla salsa bernese ricavata dalla pelle del pesce.

Sono però solo dettagli in un percorso che non può che essere apprezzato, essendo una esperienza decisamente stimolante per il palato e per l’intelletto, fatta da uno chef che mette la sua indubbia bravura, fatta di anima, cuore e testa, nel lavoro della sua vita.

Galleria fotografica:

Il ristorante sui Navigli dell’allievo di René Redzepi

Nella città meneghina, dove le nuove aperture si rincorrono giorno dopo giorno e le attività commerciali fra bar, ristoranti e gelaterie, sono oltre 7 mila, spiccare con la propria proposta risulta assai difficile.

A meno che non si abbia un’identità forte, come nel caso di 28 posti, il ristorante dello chef Marco Ambrosino in zona Navigli, aperto da 5 anni con una forte vocazione etica oltre che gastronomica. Gli arredi sono stati realizzati con legno di recupero dai detenuti dell’Istituto penitenziario di Bollate, molti degli oggetti utilizzati in sala e in cucina sono autoprodotti nella baraccopoli di Mathare e nel laboratorio del ferro di Jua Kali a Nairobi, mentre le lampade, ideate dal designer spagnolo Alvaro Catalan De Ozon, sono state realizzate a partire dal PET – materiale con il quale sono costruite le bottiglie d’acqua – con un gruppo di indigeni emigrati a Bogotà all’interno di un progetto di cooperazione sociale.

E la cucina non è da meno. Lo chef Marco Ambrosino, dopo l’esperienza al Noma di René Redzepi, ha preso le redini del 28 Posti, contribuendo a diffonderne il nome nel capoluogo lombardo, grazie a un innalzamento della qualità dei piatti. Dopo un periodo iniziale nella quale si poteva ancora percepire l’influenza nordica, lo chef procidano ha abbracciato maggiormente il gusto e i sapori mediterranei, con una cucina contemporanea, attenta alla stagionalità e alla qualità degli alimenti e della materia prima.

Menu intrigante e carico di sorprese

A cena si può scegliere fra 3 differenti menu degustazione a sorpresa (di 5, 8 e 10 portate), i piatti della carta (primi piatti, prima o poi e dessert) contengono alcuni classici, fra i quali i Tagliolini, porro fondente, polvere di cappero, limone candito, mentre a pranzo, vi è un menu da 3 portate. La proposta vinicola è invece dedicata a piccoli produttori e vignaioli artigiani, per l’80% sono vini naturali e biodinamici. Il servizio è incalzante, attento e svelto, quasi eccessivamente nel momento serale.

Da 28 Posti si viene accolti con alcuni amuse-bouche, apprezzati omaggi dalla cucina: Focaccia pomodoro e aceto di riso, interessante per croccantezza e intensità gustativa, Quenelle agrumata su cialda, dal gusto delicato, Macaron con acciughe, variante apprezzabile quanto la cugina dolce e Brodo di Marsala e capperi, esperimento meno azzeccato. Nell’ultimo omaggio, Orme del gabbiano di finocchietto da cancellare o seguire con le zeppole fritte di alghe, una buona pasta fritta e il gioco gustativo della “scarpetta” con le zeppole bilanciano bene la marcata sapidità del piatto.

San Marzano alla brace, limone, mandorla e tartufo nero (piatto presente anche in carta così come altri tre del nostro menu) rappresenta un piatto eccellente a livello gustativo. Sono infatti riconoscibili tutti i sapori più intensi (limone, tartufo e sentore grigliato), attenuati lievemente da quello mandorlato. A livello di consistenza manca, tuttavia, un elemento croccante che smorzi l’acquosità del pomodoro e del brodo.

La sfrontatezza dello chef spicca in Tosuatsu, tapioca, rabarbaro e salmoriglio, in cui la salinità del salmoriglio (salsa a base di prezzemolo) e dell’ostrica ben si bilanciano con l’amarezza del rabarbaro (in cubetti), la dolcezza della tapioca e l’acidità del tosuatsu (aceto di riso leggermente fermentato), anche a livello di consistenze.

Eliche, zuppa forte di pesce e cicoria, sebbene sia ben realizzato, poco convince per la cicoria, elemento servito a crudo e quasi estraneo al piatto, a differenza di quel che avviene con i  secondi. Rombo, “cenere di mare” e fagioli fermentati, in cui la consistenza fondente del rombo fa gioire le papille gustative e Spiedo di agnello, pomodoro stagionato e perilla, in cui è apprezzabile l’utilizzo dei differenti tagli di carne dell’animale.

Un predessert dal sentore agrumato e delicato ed eccessivamente salato, Sorbetto di shisu, sale e olio all’alloro, anticipa (nuovamente a sorpresa) il dolce-non dolce, Ciliegia, cipolla rossa, rosmarino, amaro mediterraneo. Azzardato per la presenza di elementi estranei ai dolci – vedi la cipolla rossa – e per l’eccessiva acidità, ma soprattutto per l’amarezza di un piatto che dovrebbe concludere l’esperienza. Se non vi fosse un ultimo omaggio dello chef (Piccola pasticceria) ad addolcire la cena e il conto di un ristorante che propone una cucina all’avanguardia e mai nella NOrMA.

La galleria fotografica:

28 posti. Non un modo di dire, ma il numero le sedute del bistrot in zona Navigli capitanato da Marco Ambrosino. Semplicemente.

Un ambiente ospitale, in una delle zone più frequentate di Milano, stagione dopo stagione: in estate ne apprezzerete la luminosità e il piacevole dehor; in inverno la riservatezza, complice la nebbia e la posizione leggermente decentrata rispetto ai flussi principali. Un ristorante sobrio, dall’arredamento nordico, che richiama quel modo hygge ultimamente in voga e che pare suggerire “accomodati, mettiti a tuo agio e goditi il pasto”.
A scaldare l’ambiente, oltre a dettagli quali lampadari e oggetti che sembrano messi qua e là sbadatamente, il sorriso disponibile e la presenza discreta di Iris Romano. Se nella visita precedente la sala era parsa un po’ legata, ora è evidente una buona padronanza della scena accanto a una preparazione valida in tempistiche e abbinamenti vino/cibo. Hygge dicevamo: non esiste una traduzione precisa dal danese ma è uno stile che invita al relax e, nel nostro caso, a fidarsi completamente dello chef che deciderà le pietanze tra 5, 8 o 10 portate (per i meno fiduciosi nessun problema, c’è una piccola selezione alla carta).

Stile confermato anche nelle posizioni intercambiabili dei piatti, che vengono sdoganati dal classico ruolo di antipasto, primo o secondo e vengono suggeriti come “Prima o poi” in funzione di cosa dice l’istinto. Rimettersi allo chef è una buona idea, perché si intraprende un viaggio nel gusto che tocca prima la Danimarca delle fermentazioni (volo radente di Ambrosino in uno stage al Noma), poi sfiora il Sol Levante tra una salsa ponzu e una foglia di perilla cristallizzata, e si respira il calore del Mediterraneo nella Chiajozza, piatto omaggio all’isola di Procida che ha dato i natali allo chef.

Manteniamo invece, nuovamente, la riserva su alcune delle portate, che colpiscono ad un primo contatto risultando in realtà, purtroppo, carenti in personalità, concentrazione e gusto. Nonostante 28 posti sia, senza timore di smentita, un luogo di piacevolezza assoluta, questo leggero tentennamento ricorrente ci suggerisce cautela, confermando dunque la votazione precedente.
Siamo anche certi però che il reale valore dello chef e della sua cucina siano in costante mutazione e definizione, in attesa della perfetta messa a fuoco.

La mise en place: pulita ed essenziale.
28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Il Pendio, Brusato Rosè. La nostra scelta dopo il bel racconto di Iris sull’azienda produttrice.
vino, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Il colore meraviglioso di questo Chardonnay femminile ma di carattere.
28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano

Si inizia con il benvenuto: chips di fitoplancton. Leggermente unta ma davvero buona.
chips di fitoplancton, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Cicoria con miso e cipolla agrodolce. Un po’ più di condimento (o meno cicoria) avrebbe bilanciato il mix di sapori.
cicoria con miso, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Macaron alle acciughe.
macaron alle acciughe, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Indivia con salsa ponzu, finocchietto e menta.
indivia con salsa ponzu, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Pane lievitato al naturale, già diviso a spicchi e da rompere con le mani, accompagnato da burro e polvere di trombette dei morti. I lievitati sono di certo un bonus del 28 posti.
pane lievitato al naturale, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Rapa bianca, estratto di lattuga, lime e tartufo. Nonostante la freschezza del lime e il bel contrasto con il tartufo, la nota vegetale della lattuga risulta quasi assente quando, al contrario, sarebbe stato un bel profumo di cui godere.
rapa bianca, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Chiajozza. 10 minuti di applauso, step 1. 
Canocchie crude, cavolo cappuccio, gelato ai ricci di mare, carbone al nero di seppia in un trionfo iodato indimenticabile della perfetta rappresentazione dei mari del Sud.
Chiajozza, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Spaghetti con burro acido, tabacco e aringa affumicata. Corretti e ben bilanciati.
Spaghetti con burro acido e tabacco, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Agnello con salsa al fitoplancton, maionese di ostrica e cavolo di mare. 10 minuti di applausi, step 2.
Una cottura perfetta permetteva all’agnello e al suo grasso di sciogliersi al contatto con il palato. La parte marittima è rinfrescante e intrigante, in un matrimonio decisamente ben riuscito.
agnello con salsa al fitoplancton, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Sorbetto al basilico giapponese, alloro, olio, sale.
sorbetto al basilico giapponese, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Finocchio sciroppato, gel al sambuco, cremoso al cioccolato bianco e meringa al limone. Sublime saliscendi tra consistenze diverse, dolcezze e sapidità.
finocchio sciroppato, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano
Topinambur, kiwi essiccato, gelato al sorgo e perilla cristallizzata in un risultato incisivo, maschile, sexy.
topinambur, kiwi, 28 Posti, chef Marco Ambrosino, Milano

Milano. Navigli. Sabato sera. Pioggia. Di quella svagata, snervante nella sua petulante insistenza. Le luci degli innumerevoli locali, come in un bizzarro gioco di specchi, sembrano moltiplicare il brulicare d’ombre e ingigantire i capannelli fumanti. E così fra insegne, offerte di ombrelli di dubbia resistenza e certa provenienza e sfilate di hipster barbuti, si rischia quasi di mancarlo il discreto ingresso di 28 Posti, nuovo punto di riferimento per chi cerchi un bistrot moderno all’ombra della Madonnina.
Partito con una diversa guida in cucina e una politica di prezzi più ambiziosa dell’attuale, il locale ha vissuto inizi balbettanti. Chiusa la prima fase, il timone della cucina è stato successivamente affidato a Marco Ambrosino, trentenne partenopeo che, dopo aver già incuriosito più di qualche palato meneghino con le creazioni a base di pasta esibite da Buongusto, sta qui confermando quanto di buono abbiamo sentito dire su di lui nell’ultimo triennio.
Quella che Ambrosino propone al 28 posti è una cucina originale e stimolante, che si diverte utilizzando riferimenti eterogenei in uno stile colto ma privo di eccessi sovrastrutturali. Le origini napoletane, le esperienze nordiche (nel CV dello chef è citato con orgoglio uno stage al Noma) e non sporadici spunti nipponici si integrano infatti pienamente. In questa visione d’insieme, di sorprendente maturità espressiva, diventano così non solo plausibili, ma del tutto convincenti, scelte forti come quella di non tenere in carta, a Milano e in una stagione ancora fredda, neppure un risotto. E in tema di primi piatti è da segnalare la moderna e dinamica organizzazione di un menu che in essi vede il centro e in cui antipasti e secondi vengono segnalati come perfettamente intercambiabili. Tante volte ci siamo trovati a segnalare come un limite il contrario, ossia una rigida divisione di ruoli non supportata da una sufficiente differenziazione “timbrica”.
Tra le portate provate, un paio, davvero folgoranti, lasciano intravedere un futuro lucente per questo locale. Naturalmente non manca qualche aspetto migliorabile. Ad esempio abbiamo riscontrato in più di una portata la presenza di elementi di spiccata personalità che però vengono, nel piatto, smussati in modo eccessivo fino a far perdere di vista il contrasto.
A fianco della pregevole cucina (proposta, oltretutto, a prezzi da encomio) segnaliamo favorevolmente una carta dei vini che non offre tantissime alternative ma è un concentrato di non banalità, in cui ogni alternativa potrebbe rivelarsi assolutamente valida, mentre dal servizio ci attendiamo una crescita in direzione di una comunicazione più disinvolta con la clientela. Resta il fatto che questo è un locale per cui bisogna fare il tifo, perché il sospetto è che ci sia molto da attendersi da parte di Marco Ambrosino negli anni a venire.

Nota non strettamente gastronomica: lodevole la collaborazione, fin da prima dell’apertura del locale, con il penitenziario di Bollate. Grazie all’applicazione dell’articolo 21 o.p., ad alcuni dei detenuti (prossimi alla fine della pena o grazie alla buona condotta) è permesso lavorare nella brigata di cucina, così come alcuni hanno partecipato alla ristrutturazione del locale ed alla relizzazione di arredi e mobilio.

Divertimenti iniziali, fra cui spiccano il macaron alle acciughe e la maionese di ostriche in cui intingere le cialde.
benvenuto, maionese di ostriche, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
cialde da intingere, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
macaron di acciughe, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Cipolla bruciata, alghe, fragoline di bosco fermentate. Promettente ma interlocutorio per difetto di concentrazione.
cipolle, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Fantastico invece per movimento Sgombro, verza, bergamotto…
sgombro, verza, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
..con brodo di sgombro a completare.
brodo di sgombro, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Spaghetti, calamari, cipollotto, menta, nocciole. Buono. Tecnicamente perfetto, anche se la menta resta un po’ sullo sfondo.
spaghetti ai calamari, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
“Pasta al ragú”: ravioli acqua e farina, ragù napoletano, latte di bufala, succo di alloro. Pregevole la pasta, che nasconde più consistenze grazie alla cresta fatta “a maccherone”, ma condimento che necessiterebbe di più mordente.
pasta al ragù, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Il colpo da KO: Baccalà crudo e cotto, pere, cavolo nero, salsa al dragoncello. Piatto da tanti ventesimi. Ma tanti tanti, eh!
baccalà crudo, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Più ordinario e “bistrottiero” il Capocollo di maiale con cime di rapa, prugne secche e saraca.
capocollo, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Predessert, ottimo: Rabarbaro zucca e arachidi. L’aperitivo milanese.
predessert, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Buono, davvero, il Finocchio con cioccolato bianco, sambuco e limone, aromatico e allo stesso tempo dessert che appaga gli amanti del dolce.
finocchio, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Difficile, invece, comprendere la scelta di piazzare dopo il precedente, fra i piatti scelti da noi alla carta, l’ostico Latte, erbe, tuorlo candito, avena, piatto che non nasconde la natura dell’uovo ma anzi, la mette in evidenza con un quasi nullo dosaggio zuccherino, per un risultato complessivo non del tutto convincente.
latte, erbe e tuorlo candito, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, 28 Posti, Chef Marco Ambrosino, Milano