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Il Capitolo I de Le Vedute

Le Vedute

Si è soliti affermare che il talento di un vignaiolo si misuri soprattutto dal valore dei suoi vini di ingresso, prodotti più confidenziali, ecumenici, meno esclusivi rispetto alle selezioni di maggior prestigio. E nel caso de Le Vedute, piccola cantina inerpicata sulle pendici del Monte Orfano con 7 ettari distribuiti in diversi comuni del territorio franciacortino, questa affermazione possiede certamente un fondo di verità: Andrea Gozzini e Graziano Manenti hanno, infatti, meritato sin dall’esordio di essere inseriti nel novero dei Vigneron franciacortini più virtuosi, visto l’alto livello qualitativo delle loro cuvée: il Brut, il Dosaggio Zero, il Saten e il Rosé. Tuttavia, a lasciare davvero il segno oggi è la loro Riserva ‘Capitolo I’. Attesa con grande interesse, almeno dalla sottoscritta, Capitolo I – qui nel millesimo 2015 – rappresenta per Andrea e Graziano un importante traguardo: la conferma che i loro vini portino in dote, oltre a purezza, integrità di frutto e riconoscibilità territoriale, anche e soprattutto enorme potere evolutivo.

‘Capitolo I’ è composto da uve Chardonnay, ha trascorso 7 anni sui lieviti e non è dosato. Una Riserva che riesce a coniugare con la stessa disinvoltura suadenza e austerità, sapore e ritmo, complessità e facilità di beva, immediatezza e profondità. Un olfatto che incanta per l’austera raffinatezza, per le sue le note di fiori, nocciole, oli essenziali di agrumi, idrocarburi e grafite che sfumano, con l’ossigeno, su balsami e resine, a preludio di un’evoluzione che si profila già straordinaria. Una bocca avvolgente, risoluta nella sua forza minerale, dinamica e slanciata grazie a un’acidità perfettamente fusa in una materia prima di grande valore; per un finale dall’importante accelerazione salina e con una persistenza da fuoriclasse. Un vino aitante, che a tavola non teme le complessità, e la struttura, dei piatti più importanti.

Graziano Manenti e Andrea Gozzini sono due amici, entrambi laureati in Viticoltura ed Enologia all’Università di Milano, dalla solida esperienza nel mondo del vino e che fanno di un sogno quella che oggi è la loro piccola ma ormai solida realtà: una proprietà che si estende su 7 ettari di vigneti (ripartiti tra 4,3 ettari a Chardonnay, 2,1 a Pinot Nero, 20 are a Pinot Bianco e mezzo ettaro riservato alla Denominazione Curtefranca Rosso), tutti in conversione al biologico e distribuiti in diversi comuni del territorio franciacortino, in modo da coglierne le varie sfaccettature e i cambiamenti, in base alle annate. Vini identitari, quelli di Le Vedute, capaci di esprimere la sensibilità di un terroir e di coniugare, nella stessa cuvée personalità, purezza e classe. Vini dalla tempra nordica mitigati da calore esotico, dai profumi di agrumi e ananas che si miscelano alla roccia e alla grafite, corroborati da un’incisiva nota acido- salina, Infine, vini dalle chiusure succosissime, in grado di dare vita a persistenze sfaccettate e interminabili. Uno stile che alla raffinatezza contrappone facilità di approccio, purezza aromatica e grinta sapido-minerale; difficile rimanere indifferenti.

L’attesa delle nuove annate

Dopo gli assaggi fatti lo scorso ottobre dell’annata 2016 di Petrucci Anfiteatro e Petrucci Melo, si è attesa con curiosità l’annata 2015 che era stata – saggiamente direi – tenuta in bottiglia per un periodo un po’ più lungo.

Il Petrucci è ottenuto dalle uve Sangiovese più pregiate prodotte dal Podere Forte, provenienti dai vigneti Anfiteatro e Melo e vinificate separatamente, suscitando già alla prima uscita – vendemmia 2016 – un’eccellente impressione. L’annata presa in esame di Petrucci 2015 ha mostrato perfino qualcosa in più, rispetto alla precedente.

Pasquale Forte porta avanti – dopo aver fondato nel 1997 l’azienda che porta il suo nome – il Podere Forte, un progetto ambizioso con l’obiettivo di dare lustro alla Val D’Orcia, riqualificando le terre per produrre grandi vini. Acquistati i terreni appartenuti al Casato Senese della famiglia Petrucci, ha adottato da subito un approccio non convenzionale di dialogo tra tradizione, esoterismo e modernità, ben spiegato da una massima cara a Pasquale Forte: “Lavoriamo i campi come 2000 anni fa e in cantina siamo 200 anni avanti”. Per realizzare il progetto Pasquale Forte si è avvalso della collaborazione dei migliori agronomi e consulenti in circolazione. Tra questi: il professor Attilio Scienza, l’enologo Donato Lanati e Lydia e Claude Bourguignon, massimi esperti mondiali in fatto di preparazione dei terreni dedicati alla viticoltura.

L’obiettivo dell’azienda è creare prodotti alla cui base esista una relazione di equilibrio per ogni essere vivente interessato dal ciclo lavorativo. Per questo motivo e secondo queste finalità, l’azienda ha intrapreso una conversione in due fasi: la prima, cominciata nel 2004, con cui ha ottenuto nel 2008 la certificazione biologica; la seconda, subito dopo, ha condotto Podere Forte ad ottenere nel 2011 la certificazione biodinamica (Demeter).

I suoli del Podere sono internamente classificati come Grand Cru e Premier Cru  – secondo un’ impostazione di stampo “borgognone” –  e si coltiva principalmente Sangiovese, oltre al Cabernet Franc, al Merlot e al Petit Verdot. I terreni con buona permeabilità e forte presenza di calcescisti fessurabili, come le vigne Anfiteatro e Melo, sono i terreni ideali per i Grand Cru; terreni più leggeri appena più profondi con una presenza media di argilla, sono invece ideali per i Premier Cru. Cristian Cattaneo, enologo aziendale e Mattia Colombo cantiniere, insieme a tutto il team portano avanti l’idea comune di un sistema autosufficiente e in equilibrio dove ogni elemento è complementare e la terra è il cardine al quale prestare la maggiore attenzione.

E veniamo ai vini degustati.

Petrucci Anfiteatro 2015

Il vigneto Anfiteatro di 2.4 ettari è situato a circa 450 metri di altitudine ed è stato individuato e delimitato nel 2008 all’interno della proprietà per le sue caratteristiche pedologiche e microclimatiche. Sono circa 5000 le bottiglie di Petrucci Anfiteatro 2015 prodotte. Di colore rosso rubino carico, profuma di amarena, mirtillo, arancia sanguinella, violetta, chiodo di garofano e cumino. La bocca è ricca, sostenuta da buona acidità e sapidità, connotata da un tannino fine e setoso. Dal finale lunghissimo emerge una nota agrumata. È un vino di grande espressività e complessità aromatica (Voto 96).

Petrucci Melo 2015

Il vigneto del Melo, che nasce nel 2003 si estende su una superficie di 0.9 ettari ed è stato piantato ad oltre 500 metri slm. Sono circa 2600 le bottiglie di Petrucci Melo 2015. Di colore rosso rubino carico, esprime un naso di amarena, lampone con un accenno di goudron e note di erbe officinali e pepe nero. Morbido all’attacco e di buona concentrazione, è un vino verticale che si distingue per finezza ed eleganza. Fresco e sapido con un tannino fitto e austero ha un finale lunghissimo. É un Sangiovese di classe superiore, teso e verticale. Un vino che impressiona. (Voto 97).

Petruccino 2017

100% Sangiovese, è il Primeur Cru dell’azienda. Prodotto nel 2017 in poco più di 7000 bottiglie, ha un colore rosso rubino brillante e un naso di amarena, mirtillo, violetta, pepe rosa, liquirizia, tabacco e note balsamiche. È un vino concentrato, alleggerito da una vivacità sapida che gli dona eleganza e grande bevibilità, nonostante l’annata calda e siccitosa. Quando il Sangiovese raggiunge questo livello, si fatica a non finire la bottiglia (Voto 93)

Guardavigna 2016

Vino in cui in passato contribuivano Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, dal 2016 è prodotto al 100% con uve Cabernet Franc, che beneficiano in modo speciale dei suoli calcareo argillosi dell’azienda. Del Guardavigna 2016 sono state prodotte 4000 bottiglie. Di colore rosso rubino carico, ha un naso complesso di mirtillo, ribes rosso, chiodo di garofano, pepe bianco ed erbe officinali. Avvolgente, morbido, elegante e di grande complessità, è un vino dotato di una trama tannica setosa, raffinato, equilibrato e dal finale persistente con retrogusto di cioccolato fondente (Voto 95).

 

Tempranillo Toscana Igt “Vigna le Nicchie” 2015

Quale mezzo migliore c’è, se non una degustazione, per accontentare i curiosi appassionati delle tradizioni spagnole e toscane o semplicemente, del vino? La nostra fame di apprendimento ha trovato una buona risposta alla scoperta delle vinificazioni del Tempranillo, la bacca nera più celebre della Spagna, in Toscana.

È quanto successo lo scorso dicembre a Milano da Aimo e Nadia Bistrot dove un “vino d’innovazione”, Vigna le Nicchie, è stato il protagonista di una verticale messa a punto per svelare un antico segreto delle terre di San Miniato in cui opera l’azienda – certificata Bio – Beconcini.

Il Tempranillo, quell’uva fina e caratterizzata da una maturazione precoce è diventato singolare e d’appeal negli anni ’90 trovando radici, non solo nella Rioja o nella Ribera del Duero con punte d’eccellenza in etichette quali Pingus e Vega Sicilia, ma anche in Toscana. L’uva spagnola è stata infatti iscritta con decreto 2754 all’albo toscano nel 2009.

In questa azienda posta sulla via Francigena si inizia a coltivare un vitigno sconosciuto, nato dalle sementi disperse da un viandante: il vitigno X. Se ne piantano appena 213 ceppi, collocati fra gli autoctoni Sangiovese e Canaiolo. Subentrato negli anni ’90 al padre Pietro, Leonardo Beconcini ha promosso vasti studi per identificarne l’origine e, grazie alla collaborazione con l’Università di Firenze, ha scoperto che si trattava proprio di Tempranillo ormai perfettamente acclimatato in quel fazzoletto di Toscana.

Da qui, il desiderio di Leonardo divenne quello di dedicare un vino a questa varietà esaltandone peculiarità e potenzialità. “Il terroir di San Miniato determina una forte personalità nei vini, che non devono piacere a tutti” – spiega Leonardo. E in effetti questa verticale di Vigna le Nicchie – dove le nicchie sono le conchiglie fossili che arricchiscono i terreni su cui si eleva – rivela note decisamente caratteriali.

L’ultima versione nata, in bocca è quasi piccante, con un tannino preponderante alla beva che pervade il palato risolto nel finale grazie a una pulizia pressoché perfetta. Sapido e prevalentemente fruttato, non sprigiona ancora tutte quelle nuances date dall’affinamento in vetro – sensazioni ritrovate invece nei suoi fratelli maggiori. Il netto sentore speziato che si affaccia al palato ingentilisce il sorso, rendendolo innovativo ed espressivo delle sue vigne prefillosseriche di oltre cent’anni di età.

12 piatti per 12 mesi, un lungo ed instancabile cammino che ci porta a scovare il miglior piatto in assoluto, per fortuna ancora non trovato.
Una rincorsa eterna, mossi da un sentimento sincero e profondo: la Passione, il carburante dei nostri viaggi e della nostra voglia di scoperta, che costantemente desideriamo condividere con i nostri lettori.
Ecco di seguito 12 piatti memorabili incontrati in questo 2014, attraverso i quali desideriamo farvi gli auguri per un felice anno nuovo, assicurandovi che sarà ricco di ghiotte novità.
A presto!

Calamaro, pepe e lattuga: Niko Romito, Reale.
L’amaro vegetale gioca un ruolo fondamentale nel dare spinta e vigore al mollusco, qui trattato con mano da clavicembalista.
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Calamaro, pepe e lattuga: Niko Romito, Reale, Passione Gourmet

Fusilloni, ndujia, pecorino e ricci di mare: Luca Abruzzino, Antonio Abruzzino.
Perchè no? Colpo di genio! Due acque di pecorino e nduja, ottenute dalla riduzione dei prodotti in acqua con cottura prolungata, che servono a mantecare e risottare i fusilli. Tocco finale dei ricci. Spettacolare.
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Fusilloni, ndujia, pecorino e ricci di mare: Luca Abruzzino, Antonio Abruzzo., Passione Gourmet

Porro, nocciola, umeboshi, amarena sottaceto: Piergiorgio Parini, Povero Diavolo.
L’uppercut del ko, la chiusura del cerchio, i 19,75/20 fatti piatto. Con un food cost risibile.
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Porro, nocciola, umeboshi, amarena sottaceto: Piergiorgio Parini, Povero Diavolo, Passione Gourmet

Asparago con salsa al Ranfio, noci e uva marinata al Verjus: Michel Troisgros, Maison Troisgros.
Un capolavoro, semplicemente una nuova verità per l’asparago che diventa il paradigma per qualunque altra preparazione di questo tipo. Quatto ingredienti portati al massimo livello possibile, un piatto sconvolgente.
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Asparago con salsa al Ranfio, noci e uva marinata al Verjus: Michel Troisgros, Maison Troisgros, Passione Gourmet

L’Est incontra l’Ovest: Massimo Bottura, Osteria Francescana.
Ravioli cotti al vapore, con ripieno di gamberi rossi siciliani. La testa del gambero è polverizzata e ricostruita in una concentratissima cialdina, per un travolgente umami mediterraneo. Le lenticchie sono disidratate e poi fritte, per essere al contempo leggere, croccanti ed estremamente concentrate. La gelatina di cotechino “allappa” il palato e fissa tutti i sapori: piatto complesso, completo, sorprendente.
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Asparago con salsa al Ranfio, noci e uva marinata al Verjus: Michel Troisgros, Maison Troisgros, passione gourmet

Macaroni al foie gras e tartufo: Jean-Louis Nomicos, Les Tablettes.
Piatto ideato nel 1997, non è mai cambiato, se non nella forma (ora rotonda). Esiste un intero menu costruitogli intorno ed è inamovibile (a un prezzo francamente esorbitante) in carta.
E’ un gran piatto: la pasta cotta al dente, la farcia golosa e nobile, il fondo di vitello di alta scuola, un esempio di come si possa portare la pasta nell’alta cucina classica con un occhio al Belpaese e un altro alla lezione di Escoffier.
Lo si può ritrovare, in più o meno fantasiose varianti, da diversi discepoli di Nomicos stesso, ma è fortemente consigliato un passaggio a provare l’originale, magari a pranzo, quando il ristorante ha proposte a prezzi molto abbordabili.
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Macaroni al foie gras e tartufo: Jean-Louis Nomicos, Les Tablettes, passione gourmet

Zuppa di gamberi di torrente al cardamomo, carpaccio di gambero su fico allo zenzero e timo, crostino di pane al timo, limone: Sandro e Maurizio Serva, La Trota.
Eleganza ed equilibrio mirabilmente fusi.
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Zuppa di gamberi di torrente al cardamomo, carpaccio di gambero su fico allo zenzero e timo, crostino di pane al timo, limone: Sandro e Maurizio Serva, La Trota., Passione Gourmet

Bottoni olio e lime, con polpo e salsa cacciucco: Enrico Bartolini, Devero.
In meraviglioso equilibrio fra golosità e finezza, con giochi di consistenze da fuoriclasse. Il vero piatto simbolo del Bartolini post-Montescano.
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Bottoni olio e lime, con polpo e salsa cacciucco: Enrico Bartolini, Severo, Passione Gourmet

Riso, trota marmorata e germogli di muschio: Alessandro Gilmozzi, El Molin.
Germogli di muschio e acqua di fonte vengono messi in pari quantità nel paco jet: ne risulta una granita molto fine. Questa viene messa in stampi a forma di pastiglia e poi congelata.
Il riso viene cotto all’acqua per 11 minuti, poi viene mantecato con le pastiglie congelate che provocano uno shock termico. La coda della marmorata viene prima bollita a lungo fino a ottenere una consistenza simil gelatinosa, quindi viene essicata e triturata.
I germogli danno un sentore salato, quasi marino. La consistenza del riso è incredibile, si sentono perfettamente i chicchi sgranati ma non si perde l’amalgama. La coda di marmorata è umami allo stato puro. Un piatto assoluto, in bilico fra mare e terra.
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Riso, trota marmorata e germogli di muschio: Alessandro Gilmozzi, El Molin, Passione Gourmet

Rigatoni broccoli e salsiccia: Luciano Monosilio, Pipero al Rex
Giù il cappello per questa portata, classica e moderna al tempo stesso, gourmet e gourmand, con tutti gli ingredienti perfettamente amalgamati ma dai sapori nitidamente percettibili.
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Rigatoni broccoli e salsiccia: Luciano Monosilio, Pipero al Rex, Passione Gourmet

Tortellini alla crema di latte (panna da affioramento): Franco Cimini, Osteria del Mirasole.
Un pezzo di Italia, una libidine allo stato puro.
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Tortellini alla crema di latte (panna da affioramento): Franco Cimini, Osteria del Mirasole, Passione Gourmet

Cipollotto farcito di pane ammollato in succo di cipolla di Giarratana, salsa di cipolla di Giarratana e coriandolo: David Tamburini, La Gazza Ladra.
In questo cipollotto, in cui sono commestibili anche le radici lievemente fritte, il vero protagonista è, oltre la cottura dell’insieme, la salsa di cipolla di Giarratana abbinata, spunto geniale, al coriandolo.
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Cipollotto farcito di pane ammollato in succo di cipolla di Giarratana, salsa di cipolla di Giarratana e coriandolo: David Tamburini, La Gazza Ladra, Passione Gourmet

BONUS – Katsuo: Jiro Ono, Sukiyabashi Jiro
Tonnetto (bonito). Leggermente affumicato, gusto e consistenze indescrivibili plasmate dalle mani di un uomo unico.
Una preparazione a rappresentare un momento di Passione Gourmet, a cavallo tra il 2013 e il 2014, in cui il Giappone è stato assoluto protagonista.
Lo sarà ancora, nei prossimi mesi, perché la cucina e la cultura giapponese creano dipendenza, sono come un seme che piano piano germoglia e ti cresce dentro.
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BONUS - Katsuo: Jiro Ono, Sukiyabashi Jiro, Passione Gourmet