Passione Gourmet Nerua - Passione Gourmet

Nerua

Ristorante
Av Abandoibarra, 2 48001 Bilbao, Bizkaia
Chef Josean Alija
Recensito da Lorenzo Sandano

Valutazione

19/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina personale, leggera e godibile, che celebra la cultura basca in ogni forma.
  • Materia prima di qualità rara, esaltata con tecnica e sensibilità.
  • Il servizio, capace di valorizzare anche i vini del territorio con grande competenza.

Difetti

  • Non seguendo i menu degustazione, ma attingendo alla carta, alcuni ingredienti rischiano di ripetersi (a causa della reperibilità strettamente stagionale)
Visitato il 08-2017

Nerua e il gusto dell’essenziale. La nuova cucina basca, nel Guggenheim di Bilbao

Il fiume Nervion attraversa la città di Bilbao come una colonna vertebrale d’acqua.
Flusso portante di cultura, tradizioni, influenze, in un naturale scambio di suggestioni tra ecosistemi apparentemente in conflitto. Da un lato, l’inalterato terroir Basco, tra campagne, monti e oceano. Dall’altro, l’algoritmo frenetico e artificiale della città.
Affacciato sul fiume, tra il maestoso Museo Guggenheim e la scultura del Ragno di Louise Bourgeois, il ristorante Nerua assimila spunti da questo magico intreccio di stimoli: tra uomo, arte e natura.

Nerua, che in dialetto si traduce in Nervion, è la palestra creativa dello Chef Josean Alija. Un cuoco carismatico, dall’energia vibrante, che ha riassunto la sua idea di ‘Nuova Cucina Basca’ nel termine ‘muina’: ovvero nucleo, essenza, origine delle cose. Alijia, ha infatti stretto negli anni un legame indissolubile con il vivido territorio dei Paesi Baschi e con il moto incondizionato del ‘suo’ fiume. Un vincolo che parte dalle radici, da storia e usanze della cucina basca, per poi aprirsi con impeto al futuro, al mondo intero, esattamente come le foci del Nervion.
Tutto si origina dalle rive di Bilbao, dagli straordinari prodotti locali (di terra, mare e fiume), con i quali lo Chef dialoga durante l’alternarsi naturale delle stagioni. Ingredienti vissuti e interpretati con una sensibilità raggiante, capace di estrarre il massimo risultato dal minimo numero di elementi chiamati all’appello.

Un’identità coinvolta a tal punto con le correnti acquatiche del fiume – libere e dinamiche – che va idealmente a marcare un tratto distintivo di questa cucina. Quello di saper donare un nuovo ruolo allo ‘stato’ liquido nei piatti. Così, partendo da un lavoro di estrazione all’avanguardia applicato su ortaggi e verdure, oggi le preparazioni di Alija traggono profondità inconfondibile dall’uso di brodi, riduzioni e fondi concentratissimi (da ingredienti di terra e di mare). Specchi di gusto trasparenti, tanto eterei quanto densi di sapore: al fine di esaltare ogni elemento in sottrazione, con levità sorprendente.

Il valore dell’impalpabile, con padronanza del prodotto e avanguardia tradizionale

Pulizia, intensità e tecnica, sono i compagni del percorso fin dalle battute iniziali: con l’aperitivo aggrappati al bancone della cucina, assaggiando virtuose pinchos basche rivisitate.
In tavola si vola alto, da un ‘must’ di concentrazione gustativa come i ‘Pomodorini farciti di erbe aromatiche e fondo di capperi’, fino all’elettrizzante Alice fritta – dalla texture croccante e ‘soffiata’ – con crema di avena e salvia. Segue l’impalpabile esercizio contaminato del ‘Consommé di gamberi, nata de coco e curry’, a riprodurre i viaggi dello chef in una forma tanto lieve quanto possente nella progressione di sfumature aromatiche, iodate e piccanti. Non mancano omaggi alla tradizione, riletti con visione moderna senza tradire il palato: ad esempio il confortevole ‘Sopako’ al pomodoro, acciughe e basilico (una simil-pappa al pomodoro dalla seducente sapidità), o la raffinata ‘Kokotxas di merluzzo’ rilanciata dal pil-pil iodato di berberechos. Capolavoro tecnico sono i ‘Fiori di zucca, brodo di sardine alla brace e curcuma’: minimalismo estremo, quasi brutale, dalla progressione infinita al palato tra note fumé, speziate, salmastre e oltre.

Gli assoli vegetali ripristinano gli equilibri di ogni portata, attraverso contrasti collocati nel piatto con mira da sniper addestrato. I corroboranti Fagioli locali, risplendono in un fondo di verdure, limpido, intenso e cangiante ad ogni boccone. Ingredienti poveri, nobilitati senza forzature, impreziosiscono la sequenza: il Fegato di pescatrice – lavorato a mo’ di foie gras – trova nuova tempra tra le tonalità amaricanti di carciofi e olive nere; mentre l’Orecchia tostata di agnello si completa con un setoso purè di cavolfiore e sakè. Essenzialità e gusto ‘nudo’, senza indugi, anche nella provocatoria (e strepitosa) ‘Faraona fritta’, servita nel finale.

Il ‘Mochi all’arroz con leche’, di estrazione nipponica, rimarca lo stato di grazia di quest’insegna, che vanta uno staff dalla professionalità ineffabile. In sala Stefania Giordano, moglie dello chef, coordina il servizio con raro charme, confezionando anche un tour coinvolgente tra le etichette del territorio basco. Itinerario enologico che regge perfettamente l’andatura del pasto, in assonanza con lo spirito devoto al ‘Pais Vasco’ di questo grande ristorante.

La galleria fotografica:

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