Passione Gourmet Terra, The Magic Place, Chef Heinrich Schneider - Passione Gourmet

Terra – The Magic Place

Ristorante
Prati 21, Val Sarentino (BZ)
Chef Heinrich Schneider
Recensito da Roberto Bentivegna

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La posizione della struttura.

Difetti

  • Carta dei vini con limitate referenze internazionali.
  • Se non vi piacciono i menù degustazione, non venite qui.
Visitato il 08-2017

Luci e ombre in un angolo di bellezza a 1600 metri di quota

Il 2017 è stato un anno di cambiamenti per la famiglia Schneider e il suo gioiello incastonato nella Val Sarentino: il passaggio generazionale si è completato con il cambio del nome della struttura, dallo storico Auener Hof al più moderno Terra – The Magic Place. Un cambio non indifferente, voluto fortemente dalla proprietà per la capacità di descrivere in maniera precisa il nuovo corso di questo Relais montano: una vera e propria immersione nella natura.

Non si rimane indifferenti a una sosta qui, un’oasi di buon gusto a 1600 metri di quota. Una base di partenza privilegiata per bellissime camminate, alla portata anche dei camminatori meno esperti. L’albergo è stupendo, soprattutto per la sede privilegiata in cui si trova.
Ma tutta l’esperienza ruota indubbiamente intorno al cibo: quindi la cena e, per chi ha la fortuna di pernottare qui, la magnifica colazione del mattino.
Nelle nostre precedenti visite non abbiamo mai fatto mistero del nostro feeling con la cucina di Heinrich Schneider, da tempi non sospetti uno dei cuochi “montani” con i punteggi più alti su Passione Gourmet.

Ma è il caso di tornare con i piedi per… Terra.

Ci ha stupito non ritrovare nel menù estivo le sensazioni che avevamo riscontrato in passato: sopra ogni cosa la leggerezza, la precisione e l’abilità nell’uso delle erbe.
La cena ha viaggiato su risultati alterni, passando da piatti con eccessiva dolcezza di fondo (emblematico l’inizio pasto, una fragola e menta quasi stucchevole) ad altri di scarsa intensità.
E’ evidente il tentativo di riproporre nei piatti i paesaggi montani, visivamente e gustativamente: ad esempio tramite un ripetuto utilizzo delle tonalità di grigio -delle stoviglie e di alcuni ingredienti- nella ricostruzione dell’ardesia nella trota e nel salmerino.

Tralasciando la scelta, un po’ datata nel suo legame alla Spagna del ruggente inizio 2000, alcune volte lo chef centra l’obiettivo (come nel meraviglioso brodo di manzo, olio di abete e funghi), in altri l’impatto estetico non è seguito da un pari risultato al palato.
Come negli gnocchi di formaggio, un lavoro sulla sferificazione certo non attualissimo. O il salmerino, davvero non cattivo, ma certamente poco incisivo.
Ottimi invece i fagottini al cerfoglio ripieni di guancia di bue, succo di erbe e muschio islandese: un bellissimo viaggio nei sapori montani, questo sì non solo visivo ma anche gustativo.

Piccola nota dolente nel dessert, strepitoso nel gusto, con le erbe che si rincorrono in uno sfoggio di alta classe, ma completamente errato nella temperatura di servizio: i “sassi” si presentano duri anche da tagliare con forchetta e coltello, e mangiarli interi ha messo a durissima prova la nostra sensibilità dentale; molto meglio aspettando un paio di minuti…
Insomma luci e ombre, tra piatti esteticamente perfetti e una corrispondenza al gusto latitante.
Solo un passo falso? Torneremo di certo a verificare, perché è tanta la stima per il lavoro di questa famiglia e grande il piacere di sostare in questo luogo.

La galleria fotografica:

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