Passione Gourmet Antica Osteria Magenes, di Giovanni Gagliardi - Passione Gourmet

Antica Osteria Magenes

Ristorante
via Cavour 7, Barate di Gaggiano (MI)
Chef Dario Guidi
Recensito da Giovanni Gagliardi

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Buona tecnica ed entusiasmo.
  • Bella carta dei vini, e l'impeccabile Diego Guidi in sala.

Difetti

  • La voglia di stupire dello chef a volte prende il sopravvento sulla centralità del gusto.
  • Resta la difficoltà di far convivere l'anima tradizionale con quella più innovativa.
Visitato il 06-2017

Un’osteria, due anime… la memoria materna e la scommessa del figlio

Una storia antica, che nasce con una macelleria alla fine dell’800 e che poi, negli anni ’50 del secolo scorso, si fa Osteria. L’Antica Osteria Magenes, che affonda le sue radici tra le cascine di Barate di Gaggiano, pochi chilometri a sud ovest di Milano.
Una storia antica rappresentata oggi ai fornelli dalla splendida figura di Mariella Magenes,, che ha condotto l’osteria ad essere uno dei punti di riferimento per la cucina milanese di tradizione. La cotoletta, il risotto giallo, la trippa, l’ossobuco in gremolada, come in città è ormai pressochè impossibile trovare.
Una storia antica e di successo fondata sulla cucina della tradizione. E poi, come in molte altre storie che abbiamo raccontato: il momento del passaggio generazionale, le nuove tecniche, la modernità, il concetto di osteria tradizionale che inizia a stare stretto, la voglia di sperimentare, di trovare altre strade.
L’altra faccia di questa storia antica ha il volto pulito e simpatico di Dario Guidi: figlio di Mariella, non ancora trentenne, una laurea in Economia, qualche esperienza in giro per il mondo (anche un passaggio da Adrià) ma nessun Maestro dichiarato, Dario è l’artefice del lato creativo dell’Osteria.
L’offerta è, infatti, bifronte. La carta presenta piatti di impostazione marcatamente più tradizionale, fatta eccezione per qualche proposta più creativa ed i menù degustazione (ce ne sono ben 4 tutti a sorpresa e costituiti da piatti fuori carta) con i quali si lascia mano libera allo chef per un percorso più fantasioso.
Conosciamo bene ed apprezziamo il lato classico e tradizionale dell’osteria, quindi stavolta abbiamo lasciato mano libera allo chef per sondarne il lato più creativo.
Il risultato si è rivelato altalenante. In qualche passaggio il giovane Guidi sembra ancora troppo preoccupato di stupire e di fare sfoggio di tecniche, anziché di calibrare il gusto delle preparazioni.

E così non ci hanno entusiasmato gli amuse bouche, che ripropongono il gioco ormai “antico” della forma a cui corrisponde un contenuto diverso. E così sembra oliva ma dentro c’è tartare di vitello, sembra pomodoro ma dentro c’è estratto di brodo vegetale. Alla fine nulla lascia il segno. A parte il bonsai di ulivo (neanche tanto piccolo) che viene messo davanti al commensale affinchè questi possa gustare un’oliva (una!). Ti aspetti inevitabilmente un boccone che ti lascia stecchito, ma così non è.
Interessanti e tutt’altro che banali invece i Filoni, vichoysse, caviale di tartufo, crumble al muscovado, piatto non facile che presenta un bellissimo gioco di contrasti tra l’acido della salsa ed il grasso del midollo, un piatto in cui risulta fondamentale la sapienza nel dosaggio degli ingredienti per mantenere il gusto in perfetto equilibrio.
Non convince l’Ostrica e la sua perla nera, mela verde e caffè, omaggio al periodo trascorso da Ferran Adrià, probabilmente. Piatto poco equilibrato e mal concepito: la sfera di zucchero tende ad attaccarsi ai denti, il contenuto è una sorta di cremina granulosa a base di nero di seppia e calamari al vino rosso. Il risultato, non aiutato dalla temperatura di servizio volutamente bassa, risulta poco gradevole e comunque poco adatto a rivestire il ruolo di prima portata in un menu degustazione.
Si torna su con i Noodles ai 3 brodi vegetali, in cui i noti spaghetti orientali acquistano la carnalità della ‘nduja e si sposano perfettamente con lime e cocco per un gioco di sapori davvero prorompente.
Come si è capito, il risultato è un po’ come andare sulle montagne russe.
Il bicchiere mezzo pieno è dato dal fatto che i piatti migliori non erano piatti per nulla facili, e quindi secondo noi Dario Guidi ha margini di crescita.
Menzione finale d’obbligo per l’altro fratello, Diego Guidi, che dirige la sala e si occupa dei vini (la cantina non è sterminata ma è tutt’altro che scontata) con eccellente professionalità.

 

2 Commenti.

  • Zum14 Agosto 2017

    Direi che il catalogo dei piatti di Roca, Arzak e compagnia post-Adrià è quasi completo.

  • Lamberto Zelani21 Febbraio 2019

    Sarei grato se qualcuno mi indicasse come si ottiene l'effetto frattale. Grazie

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