Passione Gourmet Ristorante Sadler, chef Claudio Sadler, Milano, di Alessandro Pellegri

Sadler

Ristorante
via Ascanio Sforza 77, Milano
Chef Claudio Sadler
Recensito da Presidente

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • L'ambiente ed il servizio, sicuramente consoni al blasone.

Difetti

  • Lo stile di cucina, eccessivamente opulento.
  • Il conto, certamente non lieve.
Visitato il 07-2013

In maniera molto semplificata possiamo suddividere gli chef in due macrocategorie. Ci sono gli chef istintivi, i veri e propri talenti puri, che lavorano con brigate ridotte all’osso, impegnati in prima persona in cucina e che hanno generalmente pochi coperti di autonomia e una linea di cucina spesso estrema e minimale. All’opposto ecco invece coloro che sono veri e propri chef-imprenditori, spesso titolari del ristorante ma non solo, coinvolti in più attività come ulteriori tavole, bistrot, collaborazioni, televisione e pubblicazioni, che coordinano e organizzano chilometriche brigate e, in qualità di Executive, difficilmente tornano a mettere “attivamente” le mani nei piatti.
Di questa seconda grande categoria Claudio Sadler è uno degli esempi più illustri: è uno dei tre bistellati meneghini; ha il Bistrot Chic’n’Quick, agile macinacoperti ma di solida e comprovata qualità; collabora e firma il menù del Nobile Bistrò in Corso Venezia e ultimo, ma per nulla marginale, ecco il Sadler Catering, vera e propria macchina da guerra nel settore eventi/matrimoni. Tralasciamo volutamente gli svariati libri e le comparsate televisive.

Focalizzando il discordo sul ristorante cardine, Sadler, è risaputo che sia uno tra i principali e più importanti ristoranti della città, ben frequentato dalla facoltosa e fidelizzata clientela milanese. Altrettanto noto è il fatto che lo stesso indirizzo sia tra i meno gettonati dal tam tam gourmet, poco considerato quando l’appassionato di alta cucina decide di mettere sul piatto determinati budget, che generalmente lo portano a frequentare altre mete, ritenute più attrattive, del panorama meneghino.
La causa di ciò non può risiedere certamente nell’ambiente, di alto livello, elegante e riservato, così come il servizio, solerte e discreto.
Probabilmente uno dei motivi risiede proprio nella cucina: nonostante sia anch’essa di indubbio livello, tecnicamente inappuntabile e con qualche piatto in grado di giocare in un campionato d’eccellenza, non guarda, o quantomeno non primariamente, a stupire il palato. Mira altresì a colpire attraverso l’aspetto estetico, l’opulenza e l’utilizzo di materie ricche ed esotiche, in maniera spesso eccessiva e pletorica. E’ questa la caratteristica principe della linea di cucina sadleriana, che comunque dimostra una sua personalità: fastosa e golosa in primis e, nonostante non la si possa definire greve, dai chiari tratti morbidi e accondiscendenti, con la tecnica a compensare la carenza di contrasti o di stimoli che la portino più in là del “molto buono”.
Un esempio su tutti il dessert: ananas, cocco, biscotto, gelato al cioccolato, menta. Assolutamente dolce, perfino saturo di ingredienti, non scorretto, piacevole ma straordinariamente gravido di eccessi.

Ulteriore piccola pecca, molto diffusa soprattutto quando si incontrano le parole “stellato” e “milanese”, è la carta dei vini: pur variegata e ricca, è soprattutto piena di proposte classiche e più debole sulle proposte più stimolanti per gli appassionati più curiosi. Ricarichi in linea con le due stelle.

L’elegante e distinta tavola
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Il benvenuto.
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I pani, in ottima varietà e in media tutti molto buoni.
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La prima portata del menù del Mercato: Insalata di gamberi rossi e scampetti con frutta compressa al profumo di lavanda e riso selvaggio soffiato.
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Bigoli di pasta fresca saltati in padella con funghi porcini e spezzatino d’astice alle erbe. Il piatto della serata, una “mari e monti” gourmet bilanciatissimo, con la spinta violenta del katsuobushi sia sotto l’aspetto dell’umami, che dell’apporto della nota affumicata. Notevole.
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Tonno alla plancia con croccante di carbone vegetale, fichi caramellati all’aceto balsamico e profumo di passion fruit. Come per il dessert, ottima materia ma risultato dolce, quasi stucchevole, senz’altro eccessivo.
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Il vino che ci ha accompagnato durante la cena: Cheval des Andes 2007, frutto di un blend ottenuto anche da vigne di Cheval Blanc piantate a Mendoza, dalla stessa proprietà di Cheval Blanc appunto. Buon taglio bordolese d’oltreoceano, forse un tantino troppo strutturato e “spallato”, ma sicuramente piacevole e ben fatto.
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Il dessert. Dolce Tropicale: ananas e cocco con biscotto e gelato al cioccolato.
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La “piccola” pasticceria con il caffé.
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1 Commento.

  • Piermario10 Settembre 2013

    Visto, anzi letto, dal sito intriga ancor meno, se possibile, il menu "creativo"...

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