Passione Gourmet La Mère Brazier Lyon (F) Mathieu Viannay Carlo Cappelletti

La Mère Brazier

Ristorante
12, Rue Royale 69001 Lyon (F)
Chef Mathieu Viannay
Recensito da Presidente

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Il servizio perfetto.
  • Una cucina moderna ma con i piedi bien piantati nella storia del locale.
  • Un prezzo assai accessibile, per la tipologia di locale.

Difetti

  • Il percorso di guerra per raggiungere la toilette.
Visitato il 05-2012

Come il talento ai fornelli anche la professionalità del personale di sala può avere molte e diverse manifestazioni. La sopportazione per esempio è senz’altro una qualità di cui un ottimo maitre o commis dev’essere dotato in misura ampiamente superiore alla norma. Alla Mère Brazier i camerieri, veloci e felpati come un manipolo di ninja in abito da sera, sono ben selezionati, e ciò permette loro di assistere, non senza una punta di silenzioso divertimento, allo spettacolo inscenato dai due russi al tavolo a fianco al nostro. Dalle telefonate ad alta voce, a scene raccapriccianti come il sommelier evocato con schiocchio delle dita e costretto a bere dai bicchieri di entrambi per verificare il diverso stato dello champagne (neanche costosissimo, ragazzi, potevate fare di meglio), a salire con reboanti moti di gradimento fino alla conclusione con l’immancabile rovesciatamento della bottiglia nel secchiello come nei peggiori cinepanettoni, non ci è stato risparmiato alcun numero tra quelli nel manuale del piccolo oligarca.
Questo disturbo non ci ha minimamente impedito di riapprezzare la cucina di Mathieu Viannay (MOF 2004), chef dal percorso non banale che dal 2008 ha fatto tornare a brillare di luce stellare, anzi bistellare in un colpo solo, l’insegna dello storico locale lionese che fu della leggendaria Eugénie, tra gli altri meriti maestra di due semisconosciuti, all’anagrafe Bocuse Paul e Pacaud Bernard, e alla quale la Rue Marceau che fa angolo con la Rue Royale dove sorge il locale è ora dedicata. Viannay propone un menù ispirato ai piatti della storia del locale, rielaborati in chiave moderatamente contemporanea, ma per il resto non ha ceduto troppo all’operazione-nostalgia come nell’ormai chiuso Alain Chapel o, fatto ancora più bizzarro, a Collonges con lo chef ancora fra noi.
Fra i piatti del menù storico, in cui gli ingredienti restano costanti ma le declinazioni gastronomiche sono in continua mutazione, incanta la casseruola di homard con verdure e jus all’assenzio, merito di una salsa miracolosa che entra prepotentemente nel novero di quelle di riferimento, così come una pietra miliare per l’argomento è la preparazione di animelle con asparagi “à la Grenobloise”. Meno convincente invece la versione attuale del gioco carciofi-fegato grasso, in cui la componente vegetale risulta eccessivamente sacrificata e quindi il l’accostamento rimane a mezza via.
Nel percorso degustazione abbiamo invece provato un prepotente gioco di acidità applicato all’homard, con limone, Granny Smith, rafano e ravanelli a regalare picchi tutt’altro che da educande, seguito dall’unico piatto che non ci è piaciuto, una crema di asparagi con coulis di tartufo nero decisamente stucchevole per consistenza e sensazioni palatali monocordi. Strepitoso invece il piccione, con il petto perfettamente rosa e la coscia farcita di frattaglie e frutta secca. In accompagnamento, rape e patate soffiate. Occorre rimarcare la perfezione del fondo? No? Rimarchiamola lo stesso.
Anche il reparto dolce si mantiene su livelli altissimi in quanto a prestazioni sia quando sollecitato sul versante della pura golosità che su quello dell’eleganza. Avremo quindi un Paris-Brest concentratissimo, anche se quello recentemente provato da Jacques Genin a Parigi temo sia inarrivabile, e un biancomangiare con salsa ai fiori di ibisco e sorbetto al litchi etereo come un abitino di Dior, preceduti da una madeleine con gelato al miele sul cui tenore zuccherino devono aver corretto il tiro, negli ultimi 24 mesi.
Già l’anno scorso dopo la mia prima visita La Mère Brazier aveva fatto breccia nel mio cuore per la splendida atmosfera distesa, a cui come rilevato nella precedente scheda manca in effetti un sottofondo musicale (che oltretutto avrebbe arginato il problema proveniente dagli Urali). Nota di merito per un rapporto qualità prezzo che sia per la componente masticabile che per quella enologica è decisamente rara avis in Francia. Segnalo l’apertura, da due mesi, di un wine bar lungo Rue Royale attiguo al locale, con una proposta gastronomica ovviamente più leggera.

Stuzzichino, polpette di pesce con crema di piquillos

Amuse Bouche, crema di asparagi, salmone e formaggio bianco.

Carciofi e fegati grassi.

Homard, verdure e jus all’assenzio.

Animelle alla grenoblese con asparagi.

Piccione, rape e patate soffiate.

Comté e Saint-Marcelin su tutti.

Madelaine e gelato al miele.

Biancomangiare, succo di ibisco e gelato al litchi.

Paris-Brest.

Marsh-Mellows, torrone e mou salata maison da capriola.

Quattrini.

Tazzina serrée per il mio café serré.

9 Commenti.

  • Gourmettino29 Maggio 2012

    Il bello di queste recensioni è la maestria con cui viene descritto ogni singolo passaggio che fa arrivare al lettore un turbine di emozioni....bravi.

  • q.b.29 Maggio 2012

    cioè spiegati meglio...rovesciare la bottiglia vuota nel secchiello è maleducazione??? ...ora capisco perchè quando vado a mangiare fuori i camerieri mi guardano sempre con disprezzo... per fortuna mi rimane il rutto di gradimento a fine pasto :-) Liberiamo il russo che ce in ognuno di noi !!!!

  • Alessandro Pellegri29 Maggio 2012

    Diciamo che non è segno di maleducazione, ma una usanza decisamente tamarra... ;-) Va bene giusto dove, con altrettanta tamarraggine, ti portano al tavolo lo Champagne con stelline, razzetti, bengala & co...

  • Carlo (TBFKAA)29 Maggio 2012

    Nel tuo caso, q.b. non sarebbe il primo segno di tamarraggine che si nota :D

  • q.b.29 Maggio 2012

    Quindi Alessandro mi pare di capire che lo Champagne si può servire anche senza razzetti e bengala...io non pagherei mai per uno Champagne senza razzetti e bengala, diventerebbe come un vino qualsiasi e non eleverebbe più il mio ceto sociale...robedemat !!! Caro TBFKAA a malincuore ti do ragione, il mio livello di tamarraggio/coattaggine ha già dato in passatto segni ben evidenti...non posso far altro che imparare a conviverci per rendere più agevole il dolore che tutti i giorni provo per questa mia assurda situazione ;-)

  • Alessandro Pellegri29 Maggio 2012

    ...beh allora vai sereno! :-D

  • Piermario29 Maggio 2012

    Si, ma non farei di tutt'erba un fascio. Ricordo ancora con piacere a dicembre di un paio di anni fa l'incontro con quattro russi seduti al tavolo di fianco (si fa per dire, data la distanza che c'è lì tra i tavoli) al mio a Le Cinq. Competenti e appassionati, piacevoli conversatori, abbiamo chiuso la serata con una reciproca offerta di vino. Mi è sembrato che fossero sembrati secoli da quando, chez Pierangelini, assistevo per la prima volta allo spettacolo di una rumorosa tavolata di russi che mescolava disinvoltamente coca cola e Masseto...

  • Piermario29 Maggio 2012

    Pardon, 'mi è sembrato che fossero passati'

  • giuxxx4 Giugno 2012

    Recensione indubbiamente esaustiva. Foto accattivanti e invitanti. Complimenti ai gestori del ristorante e agli autori del blog. Un saluto a tutti i lettori

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